di Paola Springhetti – 9 marzo 2022

Stazione Termini. Quale "decoro" propone il Terzo settore?

 La security impedisce la distribuzione di cibo, la Polizia chiede i documenti, mentre gli addetti intensificano il lavaggio dei marciapiedi, causando la fuga degli homeless. Accusato di facilitare il degrado, il non profit si divide sulle soluzioni e pone nuove domande a sé e alla Città

Il 21 gennaio scorso, Lapo Elkann ha pubblicato un tweet con questo testo: “ieri sera alle 21 un amico era in stazione Termini a distribuire cibo ai poveri. È stato cacciato mentre dava da mangiare ad una signora italiana. ‘Sporcano’ gli ha detto un addetto alla sicurezza intimando l’arrivo della polizia. Roma, Italia, 2022”. Da quel momento si è risvegliata l’attenzione su quello che stava succedendo nella stazione principale di Roma, la più grande ma anche la più affollata d’Italia, perché è anche un Centro commerciale, un posto da pausa pranzo, un luogo di incontri. O semplicemente perché si ha freddo e si cerca riparo: sotto la tettoia sul fronte dell’edificio e lungo il lato di Via Marsala, ogni sera si radunano circa 300 senza fissa dimora, cui i volontari di diverse associazioni ed enti non profit offrono cibo e servizi essenziali. A questi si aggiungono una decina di persone che si rifiutano di uscire e che i volontari raggiungono all’interno della stazione.

Da gennaio, però si sono moltiplicati gli episodi che sembrano messi in campo apposta per scoraggiare i volontari: il personale di sicurezza privata che ha impedito ad alcuni volontari di distribuire il cibo; le forze dell’ordine che li fermano e chiedono i documenti; il personale che intensifica le pulizie spargendo acqua sui marciapiedi, costringendo così i senza fissa dimora a scappare.

L’attenzione mediatica ha scatenato il dibattito, con prese di posizione di opinion leader e politici, interrogazioni parlamentari e un flash mob organizzato lo scorso 19 febbraio. Mentre l’assessora alle Politiche Sociali di Roma, Barbara Funari, interveniva su La Repubblica dicendo “siamo i primi a dire che i volontari vanno sostenuti e non ostacolati” e che l’amministrazione aveva avviato, insieme alla prefettura, un’ interlocuzione con Grandi Stazioni Ferrovie dello Stato,  il Gruppo Ferrovie dello Stato dichiarava a Redattore Sociale di aver “sempre posto particolare attenzione nell’affrontare in maniera strutturata le situazioni di disagio e di emarginazione sociale che si coagulano intorno alle stazioni ferroviarie, come quella di Roma Termini”, ma che “l’attenzione al disagio deve comunque coniugarsi con la necessità di garantire la funzionalità della stazione”.

Ma interessante è soprattutto il dibattito interno al mondo del Terzo settore, sintetizzato da due articoli pubblicati sempre su Redattore Sociale. Da una parte Alessandro Radicchi, fondatore di Binario 95, un importante polo di accoglienza per i senza fissa dimora che ha sede proprio a Termini, nonché direttore dell’Osservatorio Nazionale della Solidarietà nelle Stazioni Italiane (Il caso dei senza dimora a Termini, tra bruchi e farfalle – Redattore Sociale ). Radicchi ha ricordato che, sulla stazione, “a seguito di diverse riunioni tenutesi negli anni alla presenza anche del prefetto, della Protezione Aziendale di FS, di Grandi Stazioni, dell’ONDS, dell’Assessore alle politiche sociali di turno, finanche in alcuni casi dell’Elemosineria Apostolica della Santa Sede, si è definito un accordo informale secondo il quale le associazioni sono autorizzate a distribuire beni di prima necessità agli indigenti che si trovano o transitano nei pressi delle stazioni di Roma, purché nel rispetto delle regole di sicurezza, con turnazioni definite e condivise e in alcuni casi in luoghi concordati”.

Ma, soprattutto, ha invitato a diffidare delle bolle mediatiche e a non perdere di vista il vero obiettivo, che è quello di affrontare seriamente il problema dei senzatetto a Roma: “Per cosa stiamo contestando?”, si è chiesto. “Sarebbe paradossale se il fine di questa grande battaglia fosse solo quello di permettere alle persone senza dimora di dormire e mangiare in stazione o anche davanti alla stazione, credo sarebbe una sconfitta della nostra intelligenza e del nostro sistema di accoglienza”. In sintesi: “È dell’eradicazione della povertà che ci dovremmo occupare, non di altro”. Per capire: i dati dicono che ogni anno 20.000 persone si rivolgono ai servizi del Dipartimento Politiche Sociali di Roma Capitale per migranti e senza dimora, ma i posti disponibili sono in media poco più di 2.000: uno ogni dieci persone.

Diversa la posizione di Francesco Conte, ideatore di Termini Tv e membro di Mama Termini (Senza dimora, “ecco perché manifestiamo a Termini” – Redattore Sociale), che ha ribadito che la manifestazione “non è stato un modo di acchiappare like”, ma un modo per attirare l’attenzione sul problema. “La manifestazione”, ha scritto, “chiedeva rispetto del diritto di accesso a un luogo aperto al pubblico come la stazione. Stiamo evidentemente andando verso una stazione con barriere d’accesso sempre più marcate contro chi non ha i soldi per consumare. E potete stare certi, che ci sarà sempre qualcuno o qualcuna di noi pronto a contravvenire a una regola illegittima, perché i diritti umani sono il vero decoro, non un marciapiede bagnato”. E ha aggiunto: “Siamo pronti a parlare con tutti e tutte le organizzazioni e istituzioni. Se qualcuno vorrà aiutarci ad aiutare, noi ci siamo, senza polemica. Se invece saremo trattati come un gruppo di fanatici senza nulla da fare, vorrà dire che alla prossima tragedia in stazione qualcuno avrà un peso di più sul cuore”.

Restano alcune domande. Difendere gli homeless che sostano sui marciapiedi di una grande stazione è una battaglia dal valore sostanziale (non saprebbero dove andare), simbolica (perché lo spazio deve appartenere solo ai consumatori?) o proprio sbagliata (fa sì che gli homeless restino homeless)?  Gli obiettivi a breve termine, cioè tamponare il problema, come si conciliano con quelli a lungo termine, leggasi risolvere il problema?

Il decoro è un concetto sbagliato in sé, almeno quando lo si usa per espellere persone “indecorose” o è comunque una dimensione che aiuta la convivenza?

Immagine cortesemente concesse da www.agfreport.it

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