La scorsa estate a Collarmele, comune di 818 abitanti in provincia dell’Aquila, un gruppo di giovani volontari del posto, insieme ad altre nove delegazioni provenienti da altrettanti paesi dell’Abruzzo interno, tutti al di sotto dei 2000 abitanti, si sono ritrovati per mettere a sistema idee e progetti per lo sviluppo territoriale e la lotta allo spopolamento dei centri minori. Prende avvio da queste premesse il Festival dei giovani dell’Appennino, un’idea che “nasce da un’esigenza generazionale”, come ha dichiarato Filiberto Ciaglia, uno dei promotori dell’iniziativa, ovvero “quella di iniziare ad invertire lo sguardo per pensare i paesi non più solo come un rifugio estivo dalla dimensione urbana caotica, ma come luogo che custodisce cultura e la produce”. L’Abruzzo quindi come apripista di un progetto che intende rivolgersi a tutto l’Appennino, “spina dorsale della nostra penisola”. Un’idea definita “assolutamente innovativa per la gioventù dell’Italia dei paesi” da Franco Arminio, già ospite della prima edizione del Festival e oggi consulente scientifico della manifestazione. Il poeta, scrittore e regista sottolinea come questo progetto, se coltivato, “potrà coinvolgere l’intero arco appenninico dalla Liguria all’Aspromonte, e divenire un riferimento nazionale”.
Un’esperienza simile, nata invece nell’arco alpino e poi diffusasi fino ad abbracciare altre località della penisola è MIM – Montagne in Movimento. Si tratta di una rete di enti pubblici e privati che ha origine da uno degli assi di ricerca del centro universitario GREEN (Groupe de Recherche en Education à l’Environnement et à la Nature ) dell’Università della Valle d’Aosta.
MIM opera organizzando il trasferimento di un giovane ricercatore in un paesino di montagna per un periodo di alcuni mesi. Questi è chiamato ad attivare sul posto un processo di ricerca antropologica applicata, entrando a stretto contatto con la comunità locale e coinvolgendo i giovani e le associazioni del posto nell’organizzazione di eventi e nella creazione di progetti per la comunità.
A seguito della collaborazione attivata da MIM e l’Associazione Spazio Pieno di Castel di Sangro ha preso avvio nel mese di marzo “La montagna che [R]esiste”, progetto articolato in quattro fasi, che prevedono due mesi di workshop a Gagliano Aterno sulle tematiche che interessano la montagna, seguiti da uscite sul campo nelle aree interne abruzzesi, in particolare in località montane maggiormente colpite da spopolamento e disuguaglianze civili o dove si registrano processi di rigenerazione, innovazione e resilienza. Seguiranno laboratori di ceramica e arti visuali a Roccacaramanico e infine, in agosto, il festival “Eroi di montagna” a Castel di Sangro, con la restituzione del lavoro svolto dal gruppo dei giovani nei mesi precedenti. I promotori del progetto credono nel fatto che i territori montani possano rappresentare modelli di sviluppo sostenibili ed innovativi; la sfida è quella di attivare quei processi partecipativi e quei cambiamenti necessari per far sì che questi territori tornino a popolarsi.
Tali processi possono rappresentare un ritorno alla vita anche per i pochi che ancora abitano queste località lasciate alla desolazione e all’abbandono. Per citare ancora Franco Arminio, “dai paesi se ne sono andati tutti, specie chi è rimasto”. Immaginare, creare e sperimentare nuove forme di partecipazione, di azione collettiva e di organizzazione della vita sociale ed economica è una sfida alla quale l’azione volontaria dei giovani può fornire la spinta decisiva per rovesciare processi apparentemente consolidati.
Lo scorso 8 aprile è stata presentata a L’Aquila la ricerca “50 visioni comuni. Il neopopolamento dell’Italia tra tentativi e buone pratiche”, iniziativa editoriale a cura dell’Osservatorio nazionale di Officina Italia, Fondazione Hubruzzo, Carsa e Symbola. Lo studio esamina 50 progetti di sviluppo locale già in atto e nuove idee di neopopolamento, rigenerazione, riuso e riattivazione, inquadrati rispetto a un’idea di futuro che mette al centro il tema del riabitare paesi e e piccole città, con l’obiettivo che questi possano rivelarsi di ispirazione anche per l’impiego dei fondi del PNRR sui territori.