di Casto Di Bonaventura – Presidente CSV Abruzzo – 13 settembre 2022

L'economia civile rinasce dai giovani dell'entroterra

 La seconda edizione del Festival dei Giovani dell’Appennino fa emergere la necessità di un rinnovato spirito di condivisione e partecipazione. Uno spirito chiamato a rifondare il concetto di progresso, dove il gesto gratuito è componente vitale del vivere felici. L'editoriale a cura del Presidente di CSV Abruzzo, partner dell'iniziativa

Cosa sarà di noi? Questa domanda sembra condurci a tragici scenari. Ma è davvero così? I giovani che a Collarmele (Aquila), lo scorso 6 agosto hanno dato vita alla seconda edizione del Festival dei Giovani dell’Appennino ci hanno mostrato che è ancora possibile sperare in un futuro amico dell’uomo persino in luoghi condannati da tempo allo spopolamento.

Non ho sentito frasi come “tutto andrà bene” e non ho percepito un ottimismo senza ragioni. Ciò che è emerso e un desiderio di bene per la vita e per la propria terra che rende certi.  In una recente ricerca, curata da Riabitare l’Italia, su oltre tremila giovani delle aree interne ben il 67% vuole restare nei propri borghi dove costruire una vita piena. Restare chiama a un lavoro che deve fare i conti con la insufficienza dei servizi e delle infrastrutture, anche tecnologiche, che le aree interne patiscono alle nostre latitudini. Questi svantaggi si aggiungono a quelli comuni, fra i quali il peggiore è l’eccessiva burocratizzazione, a tutta la nazione.

È un’epoca che ha reso vero ciò che Thomas Stearns Eliot scrisse nei cori de “La Rocca”: “Essi (gli uomini) cercano sempre d’evadere. Dal buio esterno e interiore. Sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno d’essere buono”. Viviamo l’illusione che solo le regole possano cambiare in meglio la vita dell’uomo, persino senza il suo consenso.

I giovani della piazza dell’orologio di Collarmele stanno provando ad avverare l’altra frase di Eliot: “In luoghi abbandonati costruiremo con mattoni nuovi”. Si mostrano capaci di uno sguardo nuovo sulle solite cose, cioè di innovare. Con un uso intelligente della tecnologia e dei nuovi sistemi di comunicazione stanno riattivando un mulino, che diventa sociale, recuperando relazioni con gli agricoltori del luogo; attuando il progetto NEO, Nuove Esperienze Ospitali, mettendo in relazione associazioni, università e amministrazione locale; valorizzando dei cammini, come quello dei Briganti, esperienze di riscoperta di luoghi e dell’accoglienza recuperando tradizione, innovazione ed arte. La creatività è al lavoro.

Si tratta di attività economiche che non hanno il massimo profitto come scopo ultimo e recuperano la visione, tutta italiana, dell’economia civile fatta per la felicità degli esseri umani. Tutto questo dice che ciò di più vero che muove la persona ha a che fare con la felicità. Per questo desiderano rispondere al bisogno che sentono in loro, scoprendo che anche l’altro vuole essere felice, mettendosi insieme e iniziando a costruire.

Questa, se ci riflettiamo, è anche la dinamica del volontariato. Scopriamo così che questo desiderio di rispondere, questa voglia di stare assieme, di partecipare, di costruire è necessaria per un reale progresso umano. Il volontariato è espressione tangibile di questo. Dunque, la gratuità o diviene una componente del vivere, o la nostra vita è condannata alla infelicità, al di là di qualunque effimero successo. La politica deve dar spazio ad una visione dell’uomo incentrata sul desiderio di felicità, dare spazio al volontariato e liberarsi dalla schiavitù di una economia tesa al massimo profitto.

Questo non significa tornare indietro nell’orologio del tempo ma prendere atto che quello che è stato costruito, basato sul consumismo e sulla competitività esasperata, non costruiscono una società in cui la persona sia al centro. Dobbiamo uscire dagli stereotipi a cui ci siamo consegnati in economia, in politica e nella vita di ogni giorno. Rimettiamo al centro le relazioni e non il contratto, torniamo all’umano, investiamo sulle persone, torniamo liberi.

Un momento del Festival dei giovani dell'Appennino

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