Nella notte tra il 5 e il 6 febbraio 2023 due fortissime scosse di terremoto di magnitudo 7.8 e 7.5 hanno devastato vaste zone della Turchia sud-orientale e della Siria settentrionale. In base alle più recenti stime le vittime sono state più di 50.000, oltre a decine di migliaia di feriti. Impressionante il numero degli sfollati: sono oltre 2 milioni le persone rimaste senza casa e ora bisognose di assistenza. Un evento dalla potenzialità distruttiva inimmaginabile anche per una popolazione come la nostra, da sempre tristemente abituata a convivere con fenomeni sismici in diverse zone della penisola. Se paragonato al sisma di Amatrice del 2016, questo fenomeno ha avuto un’intensità superiore di quasi mille volte in termini di energia liberata.
In questo tragico scenario, come si è mosso il non profit italiano? E dopo più di un mese di operatività come stanno proseguendo le operazioni d’aiuto?
A livello nazionale i primi vigili del fuoco e operatori di protezione civile sono partiti dall’Italia già dal giorno stesso dell’evento per occuparsi delle iniziali questioni logistiche e per organizzare l’accoglienza sul posto. Regionalmente il Gruppo Volontari di Protezione Civile della Lombardia ha messo a disposizione 60 geologi volontari per fornire supporto tecnico alle attività di gestione dell’emergenza.
Come tutta la rete Caritas internazionale, Caritas Italiana ha inviato a Istanbul due operatori per affiancare la Caritas in Turchia nella gestione dell’emergenza. Dopo settimane di febbrile operatività, Laura Stopponi, responsabile Ufficio Europa di Caritas Italiana, ci fornisce i primi, importanti, risultati raccolti dal campo: in Siria gli interventi si sono concentrati soprattutto nell’area di Aleppo, Lattakia e Homs con la distribuzione di 3400 kit alimentari, 2400 kit igienici, 3000 bottiglie d’acqua; 2700 confezioni di pane e più di 1200 materassi e lenzuola. Anche in Turchia le operazioni si sono concentrate in diversi rifugi collettivi, moschee e chiese aperte per accogliere gli sfollati. Qui la rete Caritas ha programmato interventi sui prossimi, cruciali, cinque mesi per fornire agli sfollati accoglienza e riparo, garantire la distribuzione di kit alimentari e pasti caldi, di kit igienici e acqua potabile, provvedere alla distribuzione di vestiario e coperte per affrontare i mesi più freddi, occupandosi anche dell’erogazione di attività educative per i più piccoli.
Scendendo invece a livello locale, i volontari catanesi delle associazioni Don Bosco 2000 e Fondazione Stella Polare, attraverso il consolato della Turchia presente in Sicilia, si sono organizzati in sinergia per un tempestivo intervento in aiuto della popolazione, impiegando tre giorni e tre notti per raggiungere l’area interessata tra le macerie e senza luce elettrica, per poi stanziarsi presso la tendopoli di Kahamanmaras ad assistere gli sfollati siriani. Mentre state leggendo i volontari sono tornati a Catania e da remoto, in stretto contatto con le associazioni turche presenti sul territori, coordinano attività di advocacy e raccolta fondi, visto che la tendopoli dove hanno operato nelle scorse settimane non risulta tra gli insediamenti più conosciuti e “serviti” in Turchia,
Un po’ in tutta Italia sono nati altresì progetti di solidarietà per l’invio di aiuti. A L’Aquila, su iniziativa dell’ex consigliere della Regione Abruzzo e della provincia dell’Aquila Mimmo Srour, ingegnere siriano che vive in Italia fin dal 1969, si è costituita l’Associazione di solidarietà con il popolo siriano, per aiutare una popolazione già martoriata da dodici anni di guerra civile. Il 4 marzo è partito un primo container di 40 metri cubi carico di capi di vestiario, cibi a lunga conservazione, coperte, alimenti per bambini, medicinali, generatori ed altri beni di prima necessità con destinazione il porto siriano di Latakia. A oggi non abbiamo novità sugli sviluppi di questo progetto, pur avendoli richiesti ai promotori.
Inoltre tra le vittime innocenti della catastrofe il volontariato non ha dimenticato gli animali rimasti soli. Dall’Italia l’unità di emergenza della LAV ha supportato le attività di soccorso dell’associazione locale Meyako Rescue operativa nella regione di Hatay, al confine tra i due paesi, nel recupero degli animali da sotto le macerie, nell’accoglienza e nella ricerca di adozioni. Abbiamo contattato Beatrice Rezzaghi, responsabile Unità di Emergenza LAV, che ci ha confermato che l’attività nelle ultime settimane si è evoluta con le necessità pratiche dei territori colpiti dal sisma. Dal recupero e il salvataggio di animali di proprietà e la strutturazione delle relative cure, l’azione è passata a concentrarsi anche sulla presa in carico degli esemplari presenti in strada, diventati forzatamente randagi. Per la precisione sono stati salvati a oggi otre 300 animali dai crolli e sono stati nutriti più di 1000 esemplari di cani e gatti. A queste si sono affiancate, proprio negli ultimi giorni, attività a favore di animali selvaggi o di altra tipologia. La volontà di LAV – ci anticipa Rezzaghi – è quella di strutturare un rapporto strategico di taglio continuativo con Meyako Rescue non appena la realtà turca avrà modo di “stabilizzarsi”, fuori da queste settimane di pura emergenza.
A distanza di quasi due mesi, insomma, la situazione resta disperata, ma il non profit italiano non sembra voler mollare. Già ai primi di marzo Oxfam Italia aveva lanciato un appello affinché gli aiuti e il sostegno internazionale non si riducessero una volta spenti i riflettori, superata l’ondata di solidarietà figlia dell’emozione della prima ora. Un appello che non sembra essere caduto nel vuoto, almeno per il non profit italiano.