La diffusione della pandemia da Covid-19 ha posto il Terzo settore di fronte a sfide inedite. Tra queste ha assunto un ruolo di primo piano la digitalizzazione e la conseguente trasformazione digitale con cui molti enti si sono trovati forzatamente a fare i conti. Tale cambiamento è stato in grado di attivare processi virtuosi e generare impatto sociale all’interno degli ambiti operativi di queste realtà? Una risposta prova a darla “Digitale per bene” quaderno pubblicato nello scorso mese di febbraio da TechSoup Italia, impresa sociale che fornisce hardware, software e servizi di formazione e consulenza alle organizzazioni del non profit, e Percorsi di secondo welfare, laboratorio di ricerca e informazione dell’università di Milano.
I due enti hanno selezionato cinque esperienze ritenute esemplari di come il Terzo settore abbia provato a individuare nuove strade per erogare servizi e raggiungere i propri destinatari. Nel corso del webinar di presentazione dello scorso 2 marzo Lorenzo Bandera, responsabile comunicazione del team di Percorsi di secondo welfare, ha evidenziato l’obiettivo alla base del lavoro: selezionare storie significative che non esprimessero delle unicità, ma che potessero essere rappresentative di una svolta in atto all’interno del Terzo settore italiano. Non casi eccezionali, ma esperienze di associazioni che, in territori, settori, ambiti, dimensioni e formule organizzative diverse, hanno intrapreso un cammino scegliendo di investire in un cambiamento delle proprie caratteristiche operative.
“Negli ultimi tre anni”, ha dichiarato Bandera, “un po’ tutti, sia come singoli che come organizzazioni, ci siamo visti costretti a trasformarci digitalmente. La pandemia è stata un acceleratore per tutta una serie di cambiamenti che, soprattutto nel Terzo settore, venivano rimandati da tanto tempo. Tuttavia dal nostro osservatorio è emerso che negli ultimi mesi diverse organizzazioni si sono fermate o addirittura stanno tornando indietro su questo fronte. Mettere in evidenza chi invece continua a camminare e sperimentare può fungere da incoraggiamento per tanti altri, dentro o fuori il Terzo settore, affinché possano comprendere i reali benefici di una trasformazione digitale al di là dell’emergenza pandemica”.
Caratteristiche ricorrenti
Prima di analizzare singolarmente le cinque esperienze, il quaderno prova a stimolare il lettore segnalando subito, quasi a mo’ di spoiler, gli elementi comuni e ricorrenti da focalizzare con maggiore attenzione all’interno delle storie:
- l’importanza delle persone: la spinta decisiva per l’avvio di questi processi è sempre portata da un operatore, un socio o un volontario competente o semplicemente interessato al tema;
- quello economico non è uno scoglio insormontabile: a partire dal Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) che, per trasformazione digitale, innovazione, competitività, cultura e turismo stanzia oltre 40 miliardi di euro (il 21 per cento del totale). Poi ci sono risorse a livello europeo, ordinarie e straordinarie, oltre a bandi specifici da parte di enti filantropici;
- la trasformazione digitale implica un cambiamento culturale: è necessario avere le idee chiare su cosa ci si aspetta dal processo e valutare con attenzione benefici e svantaggi;
- guardare oltre i propri perimetri: non avere paura di rivolgersi a chi è più esperto in questi temi anche al di fuori dell’organizzazione;
- valutazione d’impatto: grazie agli strumenti tecnologici, la raccolta sistematica di dati e informazioni rende più semplice la costruzione di adeguati modelli di analisi dei risultati prodotti.
I progetti
Il primo dei casi esaminati riguarda la cooperativa Il Faro sociale di Macerata, che con il progetto “Come a casa” ha intrapreso un percorso di trasformazione digitale nella sperimentazione di modalità innovative per l’erogazione di terapie dedicate a bambini affetti da autismo. Un’altra cooperativa sociale, Crescere Insieme di Torino, ha realizzato il progetto Edugamers che prevede la realizzazione di percorsi educativi per minori attraverso un utilizzo consapevole dei videogiochi online anche come forma di interazione intergenerazionale, con un coinvolgimento attivo dei genitori e la gestione di un’area gaming nella biblioteca pubblica di Busto Arsizio. Spazio Aperto di Milano, cooperativa che si occupa di offrire opportunità lavorative a persone fragili, attraverso il progetto Gaap (Green Accessible Application Project), sta sperimentando una app, a Buccinasco e Riscaldina, per il monitoraggio e la gestione dei cestini dei rifiuti e del decoro urbano.
Mission Bambini, Ets di Milano che aiuta minori in difficoltà attraverso 30 organizzazioni del Terzo settore in Italia e altrettante all’estero, ha realizzato tre piattaforme digitali: la prima, chiamata Patapum!, con contenuti dedicati a bambini e famiglie; la seconda per consentire agli operatori delle organizzazioni partner di fare rete; la terza per il monitoraggio delle attività in corso. Infine Kaleidos, impresa sociale di Bergamo che opera nel campo della ricerca in ambito socio-sanitario e offre assistenza alle persone con problemi di salute mentale, antesignana nel campo della telemedicina grazie alla piattaforma virtuale Net-Medicare attiva fin dal 2016, ha lanciato durante la pandemia Genome Access, piattaforma digitale di counseling genetico, ed Empaty, piattaforma di supporto psicologico digitale.
Empatia e Design system
Fabio Fraticelli, direttore operativo di Techsoup, evidenzia come, nella realizzazione di un progetto di trasformazione digitale con un ente di Terzo settore, rivesta un ruolo determinante l’empatia, intesa come desiderio di comprendere fino in fondo la logica, l’intenzionalità, la tensione di un’organizzazione e le ragioni profonde per le quali esiste. In sintesi, l’impatto che vuole avere, il modo con il quale vuole lasciare il mondo un po’ meglio di come l’ha trovato nell’ambito in cui lavora. A questa si affianca l’importanza di un elemento che troppo spesso manca: la presenza, interna all’organizzazione, di soggetti in grado di orchestrare e mettere a frutto la partnership con l’ente che li sta accompagnando in questo processo. Altro punto su cui il direttore di Techsoup concentra l’attenzione è il design system, modalità attraverso la quale si contemperano due bisogni: avere tecnologie personalizzate e disporre di mattoncini precostituiti da assemblare a seconda della soluzione richiesta, articolando un sistema di micro servizi.
“Non puoi prendere un gestionale pensato per un’acciaieria e gestirci i servizi di una Rsa. Non funziona. Il modo con il quale la singola organizzazione sta vicina ai bisogni di un territorio è estremamente personalizzato: i sistemi non sono intercambiabili. È necessario resistere al potenziale rischio di appiattimento che la tecnologia può generare se assunta in maniera non soppesata. Nel contempo, in una condizione di scarsità di risorse, è impensabile sostenere ogni volta il costo per ripartire da zero”. Per Fraticelli le organizzazione non profit possono disegnare e mostrare al mondo strategie di appropriazione della tecnologia inedite e di grande ispirazione. “Sono convinto che il Terzo settore arriverà a incidere significativamente sulla storia dell’evoluzione digitale. In questo noi di Techsoup abbiamo una grande responsabilità”.
Digitale per bene è scaricabile cliccando qui.