Il ragazzino arrivato al successo quasi per caso, per una trasmissione televisiva (“Ti lascio una canzone”, condotta da Antonella Clerici su Raiuno nel 2009) oggi è diventato un uomo maturo, nonostante abbia solo 28 anni, responsabile e profondo.
Un artista che, pur calcando i più prestigiosi palchi di tutto il mondo, apprezzato da star come Barbra Streisand, Quincy Jones o Anastacia, abituato a esibirsi di fronte ai grandi della Terra o a decine di migliaia di persone in tutti i continenti, continua a restare legatissimo al suo borgo, a Montepagano di Roseto degli Abruzzi, dove continua a rifugiarsi, a rigenerarsi, a ritemprarsi appena gli impegni internazionali glielo permettono.
Lui si chiama Gianluca Ginoble ed è uno dei tre componenti del trio Il Volo.
Baritono, come tessitura vocale, a differenza degli altri due, tenori, Ignazio Boschetto e Piero Barone, il cantante abruzzese è da poco tornato da una trionfale tournée in Sud America.
In quaranta giorni, con la sapiente regia del loro storico manager Michele Torpedine (scopritore tra gli altri di Bocelli e Zucchero) si sono esibiti, tra le altre città, a Guatemala city, El Salvador, Bogotà, Quito, Buenos Aires, San Paolo, Rio de Janeiro, Belo Horizonte, Brasilia, Porto Alegre, Mexico city, Panama.
Ecco cosa Ginoble ha scritto sui suoi social (oltre 700 mila follower su Instagram) per ringraziare il pubblico latinoamericano: “La musica ha dato un senso alla mia vita. L’obiettivo non è mai stato desiderare e inseguire concetti effimeri e labili come la fama e il successo, ma quello di fare ciò che più mi rende felice e sereno ed esprimere la mia essenza. Ma per capire chi siamo bisogna imparare a conoscersi, scavare a fondo nel proprio io interiore, dialogare giornalmente con sé stessi per scoprire qual è la nostra vocazione e perseverare alla ricerca di quello per cui siamo nati, sempre riconoscendo le nostre potenzialità e umilmente i nostri limiti e con tenacia e ambizione tutto il resto arriverà da sé… Grazie per l’amore che ci dimostrate ogni giorno dall’inizio di questo meraviglioso viaggio”.
Tornato dal tour, dopo una pausa di qualche giorno per la Pasqua, il trio Il Volo ha registrato per Canale 5, all’Arena di Verona, la trasmissione “Uno per tutti”, in onda sulla rete ammiraglia Mediaset, a fine maggio.
VDossier lo ha intervistato durante il periodo di riposo.
“Sono a Montepagano, a casa di nonno Ernesto”, spiega al telefono, “oggi ho passato una giornata con lui. Sono felice perché finalmente ho un po’ di tempo da dedicare ai miei affetti, ai miei amici”.
Non a caso una delle foto su Instagram tra le più apprezzate è proprio quella con il nonno e ha ricevuto quasi 70mila reactions in tutto il mondo con millequattrocento commenti. Quella con Ed Sheeran, per fare un solo esempio, ha ricevuto “solo” 53mila cuoricini. E Ginoble, come commento alla foto con Ernesto senior scrive: “Non trascurate i vostri nonni, sono il tesoro più grande della vita”.
Questo forte legame con nonno Ernesto, le rende onore. Certe cose non cambiano.
Lei, insieme ai suoi due colleghi del trio Il Volo, è una star internazionale. Il vostro recente tour in Sud America ha toccato venti città in Paesi come Brasile, Messico, Colombia, Argentina, che hanno una popolazione quasi simile a quella dell’intera Europa. E, ovunque, siete stati accolti da folle oceaniche e plaudenti, come al solito.
Ci voleva, dopo quattro anni, ci voleva proprio. Vedere l’affetto di un pubblico così distante, anche culturalmente, e che apprezza tutto quello che facciamo, è sempre un bel regalo.
E questo dimostra, ancora una volta, la vostra maturità e professionalità perché mantenere il successo per tutti questi anni non è facile e, forse, all’inizio non era nemmeno così scontato.
Nei grandi interpreti che ammiro, ho sempre cercato di individuare la loro grande forza, e ho voluto un po’ ispirarmi a loro, soprattutto nel messaggio da mandare, a prescindere dai gusti musicali che possono essere soggettivi. Bisogna sempre riconoscere il successo degli artisti, ognuno è sempre unico per ciò che fa. Perché, anche se noi del Volo non abbiamo inventato niente di nuovo, siamo stati i primi cantanti della nostra età che hanno portato sui palcoscenici di tutto il mondo questo genere di musica, che, storicamente, è sempre stato interpretato da adulti. Ricordo bene i primi concerti: l’aspetto che colpiva più di tutto, sia il pubblico che la critica, era vedere questi tre ragazzini proporre un repertorio di grandi canzoni d’amore. Il secondo step è stato dimostrare che eravamo in grado di andare oltre. Consolidare il primo successo, evitare il rischio di apparire e scomparire come una delle tante meteore nel mondo dello spettacolo, sono gli obiettivi che abbiamo raggiunto e superato. Abbiamo potuto contare su una scelta artistica gestita nel dettaglio.
Onore al merito vostro, del vostro manager, Michele Torpedine, e delle vostre famiglie che vi hanno dato quella sicurezza, quella corazza per affrontare il mondo dello star system.
Io non sono genitore, magari un giorno accadrà, ma l’errore che non farò è pretendere che mio figlio segua la strada che piace a me. Mio padre Ercole, mia madre Eleonora, mi hanno sempre dato consigli, mi hanno sempre trasmesso i valori fondamentali: l’educazione, la responsabilità, la serietà. Ciò che ho apprezzato di più, però, è che mi hanno sempre supportato perché hanno riconosciuto che c’era qualcosa in me, che volevo e potevo esprimere. Purtroppo ci sono genitori che, presi dal proprio egocentrismo, ignorano totalmente le esigenze dei figli, soprattutto nell’arte, nella cultura.
Parlate, cantate, vi esibite di fronte a migliaia di persone che vi vedono come miti. Sente il peso della responsabilità?
Se si vive tutto con spontaneità e con naturalezza non senti nessun peso, il segreto è tutto qui. Anche per trasmettere emozioni è importante mantenere il candore di un bambino al parco giochi. Ogni sera c’è un uditorio diverso anche se canti lo stesso repertorio, cerchi di concentrarti sui brani da interpretare e sul messaggio che vuoi mandare. Io mi concentro molto sul testo, sulla melodia, ogni sera cerco di creare una connessione con il pubblico, come se fosse sempre la prima volta.
Secondo lei, la vostra musica, il vostro successo ha un ruolo civico? Se sì, quale? Si pone, vi ponete come trio, il problema di come i vostri brani possano influire sulle vite dei vostri fan?
Credo che ogni artista abbia un grande dovere, di essere un esempio positivo. Quante volte è capitato che personaggi carismatici abbiano influenzato i fan in maniera negativa? Il mio, il nostro scopo, è sempre stato quello di rappresentare un punto di riferimento corretto per i giovani che, soprattutto nell’adolescenza, non sanno chi sono né cosa vogliono. Il nuovo dio, per molti, per troppi, è sicuramente il denaro, ma non hanno idea di come raggiungere quel traguardo. Se riconosci chi sei, anche con l’aiuto della famiglia, è più facile avere una vita serena. Noi cantiamo d’amore, di valori solidi, duraturi. Sembrano concetti antichi, desueti. Ma oggi è come se le nuove generazioni si fossero concentrate più sul corpo che sull’anima. L’obiettivo, invece, è non perdere di vista quei valori.
Oggi uno dei problemi delle giovani generazioni, in tutto il mondo, è quello dell’inclusione. Che vuol dire anche solidarietà con gli altri, con le persone maggiormente in difficoltà, non solo fisiche. Come lo affrontate durante i vostri tour o nella vostra vita quotidiana?
Lo scopo è sempre di fare del bene, di sviluppare un certo amore universale verso tutti, perché non sai quali battaglie il tuo pubblico sta affrontando. L’unico modo che conosco è quello di vivere una vita serena e tranquilla. Ognuno è fatto a modo suo e credo che le vere grandi malattie siano l’indifferenza e la cattiveria.
Lei ha iniziato a cantare da bambino. Oggi, guardando quel piccolo, cosa pensa l’abbia aiutato a fare il grande salto da una piccola città del medio Adriatico, Roseto degli Abruzzi, anzi, Montepagano di Roseto degli Abruzzi, alle sale più importanti del mondo, dal Madison Square Garden di New York in giù?
A volte penso al passato e credo che quello che mi ha aiutato di più a raggiungere i miei successi è stato combattere una certa insicurezza e formare una autostima che mi ha permesso di riconoscere i miei limiti, ma anche le mie potenzialità. Avere la consapevolezza del proprio talento non vuol dire essere presuntuosi, anzi. Proprio perché ottieni certi riconoscimenti è perché hai consapevolezza. È un ingrediente fondamentale in tutto ciò che si fa. Sempre con umiltà. Credo che l’educazione e il saper trattare con gli altri sia più importante del talento. E soprattutto, è necessario avere una visione del futuro. Quante persone, pur avendo un grande talento non lo sanno sfruttare? Altre si bruciano velocemente perché non sono in grado di gestire i rapporti personali o sono prese da mille distrazioni. O, peggio, si comportano in maniera irresponsabile come perdersi nell’alcol o nelle droghe. Quindi, tornando alla tua domanda, è stato un lavoro complesso. Da quando ho dieci anni ho sviluppato una forte curiosità su tutto ciò che mi circonda, cerco sempre di capire il meglio possibile come questo mondo dell’arte, della musica, dello spettacolo funzionano, osservo gli altri colleghi e come gestiscono la propria arte. Chiedevo, chiedo, mi sono sempre posto delle domande, e i miei genitori mi hanno aiutato. Mi sono formato e probabilmente ho raggiunto i miei obiettivi per questa serie di motivazioni.
I valori della sua famiglia, a cominciare da nonno Ernesto – che è stato importante anche per farle amare la musica e il canto e che lei continua ad avere al suo fianco quando torna a Roseto – sono stati quelli fondamentali, che le hanno permesso di avere una crescita serena.
Credo che per vivere con grande intensità bisognerebbe contemplare anche i momenti negativi dell’esistenza. Io in questo periodo, e da molti anni, ormai, ho successo ma devo contemplare l’insuccesso, per cui vivo ogni giorno come fosse l’ultimo. Anche pensando agli affetti: potrei perdere i miei cari, potrei perdere la mia stessa vita. In questo modo, contemplando queste possibilità, senza augurarmele, ovvio, ma sapendo che possono accadere, vivo ogni momento come fosse l’ultimo. Mi godo ogni giorno, mi impegno per fare in modo che mi trovi sempre al centro di una vita appagante.
Lei, anche con i due colleghi Barone e Boschetto, siete spesso impegnati in prima persona per cause di solidarietà. Avete donato, avete dispensato gioia, serenità, a molte persone. Quanto vi hanno regalato quelle esperienze? Cosa aggiunge alla sua vita, piena di successi, di affetti, di soddisfazioni, il sorriso di un bambino, lo sguardo grato di una madre?
Sono gesti d’amore anche se non conosci effettivamente le persone che incontri. Dare senza pensare di ricevere in cambio nulla, la felicità di un bambino, di una madre, di un padre, rende la tua esistenza ancora più bella. Questo è il concetto che mi piacerebbe mandare a tutti, soprattutto ai ragazzi e alle ragazze. Non ci sarebbero le guerre se tutti ragionassimo così, non discuteremmo con il nostro vicino, perché riusciremmo finalmente a mettere da parte l’orgoglio, l’egocentrismo, la nostra presunzione. Purtroppo viviamo con questa malattia che ci logora. Arriviamo alla fine della nostra vita con grande frustrazione perché i gesti d’amore, che la rendono unica e speciale, sono pochi. Ci consentono di essere persone migliori, aiutando gli altri. Non c’è cosa più bella.