Una laurea in filosofia, una grande passione per il volontariato e i fenomeni sociali, venti anni di lavoro nel mondo dei Centri di servizio per il volontariato, prima con il Csv di Bergamo poi come direttore della Confederazione dei Csv della Lombardia. Alessandro Seminati da quasi due anni dirige Csvnet e insieme alla presidente Chiara Tommasini e alla nuova governance ha attivato il lungo e articolato processo di lavoro per la nuova vision del sistema dei Csv.
Il Manifesto “Per fare bene insieme” ridisegna la vision dei Csv, focalizzando le loro sfide principali per contribuire allo sviluppo del volontariato nei territori. Quali sono le priorità che avete individuato?
Innanzitutto credo sia fondamentale, oggi più che in altri momenti storici, ripeterci sempre che il volontariato è una delle espressioni più alte di cittadinanza previste dalla Costituzione. Siamo partiti da qui. I Csv, oltre che frutto di leggi (la 266/91 prima e la 117/17 poi), sono la forma organizzativa che 30mila organizzazioni (tra soci diretti e indiretti) si sono date per ottenere servizi di qualità nella logica del proprio sviluppo organizzativo e associativo. E partendo da questo di fatto abbiamo individuato alcune priorità: sostenere lo sviluppo organizzativo e la capacità degli enti del terzo settore di fare rete per rispondere al meglio alle esigenze dei propri territori, ma anche favorire la co-programmazione e la co-progettazione come strumenti per far crescere gli attori delle comunità e il terzo settore dei territori, solo per citarne due.
Il manifesto fornisce una visione ambiziosa del ruolo dei Csv per lo sviluppo del volontariato. In che modo secondo lei può essere tradotto in azione trasformativa per non restare solo una carta di intenti?
I Csv sono soggetti al servizio del volontariato nei territori e possono svolgere al meglio questa funzione se i loro i servizi si evolvono in base all’evolversi stesso dei bisogni delle persone e degli enti. Pertanto è importante immaginare non tanto uno stravolgimento dei servizi, ma una loro naturale trasformazione ed evoluzione. Sempre più l’integrazione tra i nostri servizi storici di consulenza, formazione e promozione del volontariato si fondono per diventare interventi di capacity building organizzativo per rendere le organizzazioni più capaci. Inoltre, oggi hanno grande importanza i servizi di animazione territoriale e progettazione sociale che ci permettono di rendere le organizzazioni soggetti competenti all’interno di progetti e azioni a favore delle persone e delle comunità.
Cosa significa erogare servizi al volontariato con questa nuova visione?
Credo che voglia dire principalmente avviare nuovi metodi di lavoro e insistere soprattutto sull’aumento delle competenze degli enti e delle persone.
Quale è oggi il compito più essenziale che il volontariato svolge nelle comunità in cui opera?
Serve che il volontariato riprenda anche la sua funzione di soggetto con una visione e una idea di futuro. Che ridisegni una propria idea di comunità e di partecipazione e che affianchi la sua capacità di fare e di coadiuvare i servizi dello stato.
Spesso nel volontariato, come in altri ambiti organizzati della società, si cura poco la qualità del clima organizzativo e così si perde l’occasione di fidelizzare i volontari e in particolare i giovani. Come reagire?
Lavorando sulla gestione dei conflitti e costruendo ambienti più accoglienti, inclusivi e partecipativi. E soprattutto lasciando spazio, fare in modo che i giovani nelle organizzazioni possano sperimentare autonomia e processi di responsabilità e gestione e, perché no, di governance. In questo senso le organizzazioni devono essere luoghi accoglienti.
Che ruolo può avere la cura dei processi formativi in questo senso? Dobbiamo lavorare sulle forme di apprendimento, uscendo dalla relazione alunno-insegnante e utilizzando sempre più forme laboratoriali e sperimentali. Si deve imparare a costruire comunità di pratiche per condividere sapere.