L’area interna della provincia di Macerata, per chi vuole capire la dimensione dello spopolamento, ha molto da raccontare e spiegare. Anche per mettere a fuoco come il fenomeno investa il mondo del volontariato, che da una parte in questi contesti sempre più periferici mostra la sue fragilità e che dall’altra si riconferma un fondamento cruciale per la resilienza dei luoghi, contro lo sbriciolamento delle comunità, soprattutto se messo nelle condizioni di operare al meglio, in progetti di rete.
Nell’entroterra delle Marche, sull’Appennino dei Sibillini, durante gli ultimi anni si è verificata una tempesta perfetta. Prima la migrazione dai borghi montani alle città sulla costa, scatenata dal sisma del 2016, quando tanti sfollati hanno dovuto lasciare la propria casa; poi il Covid che ha isolato ancor di più zone già eremitiche per vocazione; ora l’inverno demografico che impatta con maggior evidenza sulla popolazione già anziana, dove il rapporto tra nuovi nati e decessi è di uno a tre. La miscela di fattori sta accelerando lo spopolamento d’una terra ricca di tracce millenarie, restituendo una fotografia che potrebbe valere anche per altre province delle Marche, così come per molti luoghi della dorsale appenninica.
Tolentino, operosa cittadina a cerniera tra zona pedemontana e catene montuose, dopo il terremoto ha perso 3mila abitanti su 21mila, mentre Camerino, antico centro universitario, ha dimezzato i suoi residenti per colpa di una ricostruzione tremendamente rallentata da mille e mille vincoli burocratici che ha spinto soprattutto le giovani coppie a cercare altrove futuro. Secondo Il rapporto di istruttoria per la selezione delle aree interne 2021-2027, curato dall’Agenzia per la coesione territoriale, in 17 comuni dell’alto maceratese tra il 2011 e il 2020 la variazione demografica ha registrato una flessione negativa del 12,04%.
In questo scenario, che tanti attivisti, esperti, sociologi e politici non possono fare a meno di definire catastrofico, restano le associazioni e le realtà del Terzo settore a garantire alcuni servizi essenziali per l’abitabilità e la coesione sociale, a presidiare il territorio con la propria forza e le proprie visioni, spesso innovative. Lo spiega Valerio Valeriani, coordinatore dei due Ats XVI e XVII, che abbracciano ventitré Comuni, compresi alcuni dei borghi più terremotati e fragili di questo tanto piccolo quanto rivelatore pezzettino d’Italia. Nelle Ats che coordina, il welfare sociale impiega 1.500 persone di associazioni e cooperative: “risorse umane che sono un presidio fondamentale, perché garantiscono servizi e poi il denaro investito nella loro forza lavoro ricade direttamente sul territorio”.
Un’area dove è in atto una senziente e programmatica “strategia dell’abbandono”, votata secondo le linee guida delle governace soprattutto alla vocazione agricola pastorale, dove non s’investe più in servizi pubblici perché non ci sarebbe la sufficiente massa critica di cittadini a sostenerli, dove è altissimo l’espatrio intellettuale dei giovani laureati. E dove non si può nemmeno sperare che arrivino i migranti a popolare i borghi disabitati. Perché la loro presenza è scesa sensibilmente. Erano il 10 per cento nel 2010 e ora siamo circa all’8 per cento. Intere famiglie si sono spostate in altri Paesi europei, oppure sono rimasti solo gli uomini a lavorare, in condizioni molto lontane da una possibile integrazione con le comunità. Nel caso dei profughi ucraini, a cercare rifugio fra i monti dei Sibillini sono state soprattutto donne, arrivate senza uomini e molte sono già tornate in patria, nelle zone lontane dal fronte. C’è chi nutre speranza verso il turismo come possibile volano per l’economia territoriale. Ma questa è un’attività, per i più critici, che non garantisce una sussistenza continuativa e diffusa ai bisogni di tutti, oltre a snaturare il paesaggio se mal gestita.
“In un contesto del genere il welfare sociale è sempre più strategico per la tenuta delle periferie interne”, aggiunge Valeriani, “se manca un presidio comunitario, le più svariate forme di speculazione hanno la possibilità di allargarsi indisturbate”. È per questo che il mondo del volontariato va facilitato, valorizzato, potenziato. Negli ultimi anni anche nel Maceratese non sono mancate nuove e interessanti realtà, soprattutto giovanili, capaci di portare visioni, idee, competenze. Basti pensare al fatto che le associazioni del cratere sismico iscritte negli indirizzari di Csv Marche sono 505, ad attestare che la società civile in queste aree dalla natura selvaggia, forte e incantata è più attiva che mai. “Il problema, purtroppo, risiede nella fragile capacità economica delle piccole organizzazioni, che non riescono ad accedere ai bandi più complessi e a beneficiare dei fondi. Sono finanziamenti difficili da abbordare anche per le cooperative più strutturate, figurarsi per le associazioni che non possono stipulare fideiussioni o attivare polizze assicurative”, riflette il coordinatore di ambito Valeriani, che poi indica, “la soluzione è unirsi in rete, mettere assieme le proprie competenze così da fronteggiare sfide e problemi complessi e di fatto questo già avviene in molti progetti”.
Come in Emilia Romagna, come in Abruzzo, anche nelle Marche crescono le progettualità per contrastare lo spopolamento, capaci di mettere in campo partenariati fra enti pubblici e privati e molte di queste vedono la diretta partecipazione del Centro servizi per il volontariato regionale nel ruolo di ente coordinatore. “Resiliamoci” è un progetto, ora concluso, selezionato da “Con i bambini” nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, dedicato a giovani, famiglie e scuole del cratere sismico marchigiano e realizzato grazie alla collaborazione di diversi soggetti, tra cui il Csv Marche Ets. Oppure c’è stato “Marche_active@net”, promosso e realizzato dal Csv Marche con il sostengo dalla presidenza del Consiglio dei ministri. Qui le associazioni hanno collaborato a stretto contatto con gli ambiti territoriali e sociali per promuovere pratiche e cultura d’invecchiamento attivo in aree terremotate.
Tra le più recenti azioni c’è “C’entro, insieme per le terre del sisma”, promosso e sostenuto ancora dal Csv Marche insieme ad Arci Macerata, Acli Marche, Avis Macerata e Adriaeco. Il progetto ha dedicato parte delle sue azioni proprio a rafforzare le competenze del tessuto associativo in tema di co-programmazione e co-progettazione, per stimolare il lavoro integrato tra ets e amministrazioni pubbliche, così da agevolare le realtà associative nella messa a sistema delle risorse previste dal Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) e di quelle destinate alle aree interne e metterle nelle condizioni di lavorare con le istituzioni locali nell’erogazione dei servizi previsti dai piani.
Una chiamata, quella alla co-progettazione, che vede rispondere con dinamismo molte realtà. “Per crescere e reggere l’impatto con le sfide dello spopolamento è necessario lavorare in rete per partecipare a bandi, progetti”.
“Altrimenti non si sopravvive”, conferma Cristina Marcucci, la presidente di Help Sos Salute e famiglia odv, associazione di San Severino Marche che negli ultimi anni ha preso parte a numerose iniziative sociali, da “Facciamo Rete a Marche@active_net”, al bando “aggregAzione 3°” e “Facciamo pARTE”, al protocollo con la prefettura sulla prevenzione alla violenza contro le donne, alla gestione del Cav locale, solo per citare le più recenti.
A San Severino Marche mancano spazi aggregativi, l’oratorio è ancora inagibile dal terremoto e i giovani si vedono nei parcheggi, la loro socialità si è radicata in strada. Con l’obiettivo di richiamarli, grazie al progetto “Hazard”, “Help Sos Salute e famiglia” ha inaugurato una sala che vuole divenire centro ricreativo accreditato. L’associazione s’impegna nell’aiuto agli studenti con i compiti, coordina lo spazio di solidarietà per la raccolta e distribuzione di vestiti e giocattoli a cui fanno capo una ottantina di famiglie, non solo di San Severino e da poco ha aperto uno sportello di ascolto per i più giovani. “C’è un disagio portato dall’isolamento territoriale divenuto cronico dopo il terremoto e acuito dalla pandemia, che porta a una dispersione scolastica sempre più marcata”.
Per la tenuta del tessuto sociale, il lavoro delle associazioni è pura linfa. Ancor più considerando le difficoltà con cui queste devono fronteggiarsi, in un territorio fatto di aree isolate tra loro, dove l’età dei volontari è spesso elevata. In tal senso Avulss Tolentino è un esempio di associazione in affanno. L’aps non ha una sede, quella storica è ancora inagibile dopo il terremoto del 2016 e ci si riunisce dove si può. In un settore come il socio sanitario, molte persone anziane temono di tornare a frequentare ospedali o affiancarsi ai malati. E sono proprio gli anziani a comporre le file dei volontari, in un quadro dove lo spopolamento della cittadina parte anche dall’emigrazione dei giovani. “Oggi i nostri volontari operativi sono solo una ventina, il calo è netto”, spiega la segretaria Maria Farroni, “e purtroppo non riusciamo a coprire come vorremmo tutti i nostri servizi tradizionali: dall’assistenza a domicilio e nelle case di riposo, all’accompagnamento nelle strutture sanitarie, tutte attività andate negli anni scemando”. Avulss Tolentino ha patito anche la scomparsa del presidente Gioacchino De Angelis deceduto dopo aver contratto il Covid. La sua carica è ancora in attesa di essere rinnovata.
Chi invece si è trovato nelle condizioni di riuscire a cogliere le opportunità della progettazione è Anffas Sibillini, realtà che ha partecipato a diverse azioni in rete, anche sostenute da Csv Marche. L’odv il 20 maggio ha compiuto dieci anni. Il suo quartiere operativo, “La casa nel cuore” a San Ginesio, è frutto di un grande lavoro di crowdfunding, messo a punto dopo il sisma del 2016 che ha reso inagibile la vecchia sede.
“Oggi Anffas Sibillini conta sessanta famiglie associate e trentadue volontari che partecipano alle varie attività, dai laboratori, alle uscite, oppure si rendono utili nei servizi di accompagnamento”, spiega la presidente Cinzia Antognazzi, “in un territorio come il nostro, Anffas è un polo di riferimento per l’impegno civico e coinvolge persone che di svaghi altrimenti non ne hanno poi tanti”.
Tutto è lontano e servono tempo e automobili per spostarsi fra i monti. In questo senso è fondamentale la collaborazione con Anteas, i cui volontari si prestano ad aiutare Anffas nei trasporti. Il supporto di rete scorre anche spontaneo e informale tra le comunità che con la loro passione danno linfa e forza al paesaggio dove sono nate.