Marco Ligabue, il rocker reggiano che dopo oltre 10 anni come chitarrista e compositore dei Rio dal 2013 ha intrapreso la carriera solista pubblicando 4 album e il libro autobiografico “Salutami tuo fratello” (Pendragon 2021), nel sito ufficiale marcoligabue.it ha un’intera pagina web dedicata al suo coinvolgimento diretto in cause e iniziative non profit che abbracciano temi diversi. A VDossier il cantante racconta che solidarietà e condivisione sono nelle sue corde da sempre, ma da quando è in prima linea su un palco sente molto più forte la responsabilità di quello che dice e fa con il microfono in mano. “Seguire tanti progetti a scopo benefico è parte del mio percorso artistico, anche se non è sempre facile o possibile far combaciare tutti gli impegni, ed è necessario fare una scrematura delle iniziative a cui collaborare”.
Marco è donatore AVIS, gioca come terzino sinistro nella nazionale italiana cantanti dal 2014, è testimonial dei City Angels di Milano che accolgono le persone senza fissa dimora per un pasto caldo. Ha seguito e prestato la sua immagine per i progetti e associazioni da nord a sud. Ha raccontato storie vere di contrasto alla mafia con le canzoni “Il silenzio è dolo” e “Un attimo fa”. Ha incontrato centinaia di studenti delle scuole e, stimolato da una mamma, dopo l’uscita del singolo “La Differenza” ne ha realizzato una seconda versione video in lingua italiana dei segni (LIS).
“Quando dico che per gente emiliana come me aiutare, fare squadra soprattutto nelle difficoltà è qualcosa che ha a che fare con il DNA racconto un po’ il tessuto nel quale sono cresciuto. Dalle mie parti si è abituati a cooperare, a unire le forze per portare avanti un progetto, per essere più forti insieme e non rimanere isolati. Già a 18, 19 anni lavoravo molto nell’associazionismo giovanile qua a Correggio. Poi la vita ha iniziato ad assumere ritmi piuttosto frenetici tra il supporto alla carriera di mio fratello Luciano e il lavoro con lui, i miei impegni musicali, la famiglia, e c’è stato un periodo in cui sono riuscito a seguire un po’ a singhiozzo alcune cause che mi interessavano. Non posso più fare volontariato in maniera continuativa, perché sarebbe inconciliabile con il mio lavoro, ma attraverso la musica, che è il mio linguaggio e ciò che so fare, sono riuscito ad armonizzare la mia voglia di dare una mano con gli impegni professionali”.
L’anima sociale di Marco Ligabue è nota, e lo cercano in molti. Si lascia affascinare dalle storie che hanno poca luce. A volte diventano canzoni che trovano spazio negli album e nei concerti, altre volte il coinvolgimento è più ampio. Di solito sceglie di collaborare con piccole associazioni, meno strutturate e capaci delle grandi di drenare fondi, e per questo più bisognose di un aiuto. A volte gli capita di rinunciare, per motivi di tempo, perché non è sempre facile dare il giusto apporto emotivo, o perché non c’è quell’interesse che nasce “a pelle”. Il cantautore fa quasi 100 spettacoli all’anno: ogni evento comporta il relazionarsi con organizzatori e comitati, un viaggio di andata e ritorno, prove, soundcheck e interviste. Solo per gli spettacoli se ne vanno almeno 200 sere, racconta.
Le difficoltà non sono solo una questione di tempo, ma anche di punto di vista strategico, spiega Marco Ligabue: “Salvo occasioni particolari come Sanremo o contesti specifici, se fai canzoni che toccano tematiche sociali corri il rischio di precluderti quella che è la normale diffusione della musica, perché le radio e la tv prediligono la musica commerciale, i cosiddetti tormentoni. Con i social network e la rete per fortuna qualcosa è cambiato ed è più facile diffondere il messaggio. Indipendentemente da questo, bisogna stare attenti a non diventare troppo pesanti, perché le persone nella musica cercano svago, la possibilità di ballare, di concedersi un momento di evasione dalla routine, di staccare la mente dai problemi quotidiani.”
I concerti secondo Il cantautore correggese, sono forse lo spazio ideale per trasmettere un certo tipo di sensibilità, perché le emozioni si rincorrono fluide, c’è la voglia di mettersi in relazione reciproca: pubblico e artista. I discorsi parlati e cantati arrivano immediati alla gente “ed è lì che si crea la possibilità di parlare di tematiche sociali e ricevere una grande attenzione. Chi fino a un minuto prima saltava e batteva le mani si ferma, ascolta e attiva una riflessione personale”.
Marco Ligabue condivide questo suo approccio con tanti colleghi con cui gli capita di collaborare ma, per l’alto numero di richieste, può nascere la necessità di rallentare, di staccare la spina. “Ogni tanto hai bisogno di essere focalizzato al 100% sull’attività artistica senza distrazioni così scegli di isolarti un po’. Se hai una causa che ti sta molto a cuore, rischia di diventare chiodo fisso, e ci impieghi così tante energie ne vieni sopraffatto. Allora ti accorgi che devi riequilibrare, senza mai dimenticare che sei un cantante: quello è il tuo mestiere”.
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