Per Non sono emergenza, campagna partecipativa promossa da Con I Bambini per proporre una narrazione diversa del mondo degli adolescenti nell’Italia del 2024 e promuovere il protagonismo delle nuove generazioni a partire dalle storie e dall’ascolto dei ragazzi, Riccardo Venturi e Arianna Massimi hanno intrapreso un viaggio attraverso lo stivale e hanno trovato racconti, voci, esperienze, speranze e difficoltà, uno spaccato della grande complessità che si evoca quando si parla di giovani e adolescenza.
Fotoreporter, che in oltre trent’anni ha catturato nelle sue fotografie il mondo e alcune delle più grandi tragedie e dei più gravi conflitti che lo hanno attraversato, Riccardo Venturi, con il suo obiettivo, è da sempre impegnato in tematiche sociali in Italia e all’estero. Una visione globale che lo porta ad avere lo sguardo acceso sulle piccole cose clamorose che abbiamo davanti gli occhi e non vediamo o non vogliamo vedere. Nel suo viaggio nella penisola per Non sono Emergenza, accanto alla videomaker Arianna Massimi, Riccardo di ragazzi tra i 14 e i 20 anni ne ha incontrati tanti. Ognuno con un proprio vissuto e con una difficoltà, invisibile e spesso trasversale. Ha incontrato storie di disagio psicologico, ansia, depressione, disturbi alimentari, bullismo e baby gang, identità sessuale, isolamento e ecoansia.
Per una generazione, racconta, fortemente insicura e sotto pressione, che si sente poco ascoltata, vede un futuro nebuloso e a rischio in un mondo compromesso che toglie visione in prospettiva. Una volta finita la scuola l’orizzonte è quello di un salto nel buio. E poi le guerre, l’instabilità economica, il grande tema del lavoro e le aspettative di una generazione intera vengono compromesse, non ci rende proattivi, ci si chiude di fronte a un mondo che fa un po’ paura. È di qualche giorno fa, ricorda Venturi, la notizia dei due minorenni che hanno ucciso un 17enne a Pescara: fenomeni criminosi gravissimi, compiuti con un’estrema leggerezza, chiaramente un estremo, «però c’è anche questa reazione violenta, verso sé stessi o verso l’esterno».
Una reazione, per Venturi, all’incertezza, alla paura di crescere, alla sfiducia verso una politica in declino, che innescano un senso di impotenza. «Pensiamo agli anni Settanta o Ottanta: questa era un’età di attivismo politico e impegno sociale, dell’idea di una società che poteva essere rivoluzionata. Ora i meccanismi associativi sembrano in sofferenza; il movimento c’è, ma non è organizzato, questo è il tempo dei fenomeni isolati. I numeri su ansia, depressione o isolamento sociale sono allarmanti, ma ognuno li vive nella propria stanzetta, non diventano vissuto comune, istanza collettiva, anche politica.
Ho incontrato un senso di separazione, la paura dei propri coetanei, la grande difficoltà a fare squadra. Un sentimento che nelle diverse fasce sociali si connota in modi diversi, ma è trasversale, figlio di un contesto globale troppo veloce e vorace nella spinta di consumo e produzione, che schiaccia le fragilità, in cui tra i ragazzi c’è un senso di scontento, un non credere in una terra che gli è stata promessa, ma che – hanno sperimentato – non è per forza la felicità».
Secondo i dati Openpolis nell’ambito di “Non sono emergenza”, sono in crescita i giovani tra i 14 e i 17 anni che hanno prestato attività gratuite in associazioni di volontariato. «C’è stato un movimento interessante con i Friday for Future e al Gay Pride c’era un mare di ragazzini, forse sull’identità di genere c’è meno stigma di dieci anni fa. Ci sono passi avanti che la società sta facendo, anche sotto la spinta delle nuove generazioni. Credo, però, anche che il mondo adulto sia sempre un po’ alla rincorsa, interpellato da segnali che ci sono, ma a cui non è pronto a dare risposte». Per Riccardo Venturi il volontariato, presso i ragazzi, ha un problema di percezione e di capacità di comunicazione: «i valori dell’associazionismo e del volontariato sono valori importanti, positivi, di solidarietà, cura dell’altro e di sé stessi. Sono le proposte a non essere sempre accattivanti. Di recente ho collaborato con Scomodo – realtà romana con molte attività gratuite per i ragazzi tra laboratori, concerti, spazi per lo studio, cineforum – con cui abbiamo organizzato incontri per un progetto di fotografia, video, cinema. C’erano tanti giovani, tutti entusiasti. E mi ha stupito come la maggior parte non conoscesse Scomodo. Sui territori ci sono tante realtà così, il problema è portarci dentro i ragazzi con un’offerta a loro dimensione. Se ce ne fossero di più, sparse nei territori e fossero ben comunicate, questo farebbe la differenza».
Non sono emergenza, in questo senso, spiega Venturi, vuole essere proattiva: «Abbiamo il sostegno di centinaia di associazioni, ma chi vuole può associarsi: scuole, istituti, altre organizzazioni di giovani. L’idea è quella di avere a disposizione dei materiali e organizzare momenti di approfondimento. Mi piace la foto che racconta una storia di bulimia o di ansia? Magari un gruppo di ragazzi di un liceo ne dibattono, scelgono le foto e organizzano una mostra a scuola, creando un loro dibattito. Creare opportunità affinché i ragazzi possano parlare, aprirsi, confrontarsi, riscoprirsi parte di una comunità, che è ciò che manca tanto. Per me questo è attivismo, è la forma di volontariato che potrebbe essere utile per i ragazzi di questa fascia d’età».