Qualcuno ricorderà senz’altro il presidente del Consiglio Mario Draghi quando, a ottobre 2021, durante la Civil Week di Milano, esprimeva la sua profonda ammirazione e la gratitudine per i lavoratori e i volontari del Terzo settore, messi a dura
prova dalla pandemia.
E allo stesso modo, qualcuno non avrà scordato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella quando, a dicembre, in occasione della Giornata Internazionale del Volontariato, apprezzava l’ulteriore prova di coraggio dei volontari e delle loro
associazioni.
Queste e molte altre manifestazioni di pubblico apprezzamento del volontariato sono avvenute solo pochi mesi fa.
Eppure sembra passato un secolo. Sembrano trascorsi anni, tanti da far sbiadire il colore di quelle parole, se pensiamo che nel frattempo pochi riconoscimenti concreti sono arrivati. Anzi. Per il secondo Natale consecutivo, forse come dono per essere stati buoni, è stato riproposto il provvedimento che vuole assoggettare a regime di Iva anche le associazioni, nota come “tassa sulla solidarietà”, costringendole a oneri fiscali e burocratici tali da mettere la parola fine su molte realtà, in particolare quelle più piccole e meno strutturate. Per quale motivo?
Un pericolo sventato, per ora e fino al 2024; ma è una questione solo posticipata, che lascia il sentore di un problema solo schivato, che affronteremo più avanti. E non, come sarebbe stato più comprensibile, una questione che andava chiusa
una volta per tutte. Il fatto che non sia accaduto, è segno della profonda incomprensione, se non il disinteresse, che a volte sembra dimostrare la nostra classe politica verso il volontariato.
Tra le occasioni di riconoscimento perse, c’è anche il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: un treno che è partito nel maggio 2021 lasciando – finora – il Terzo settore sulla banchina, salvo poi forse recuperarlo in qualche modo a una stazione successiva.
Eppure l’impegno civico non è un concetto astratto. Ogni giorno possiamo vedere vo lontari impegnati nei Centri vaccinali, ad esempio. Incontrarli non è difficile: sono 300mila solo quelli della Protezione Civile organizzati dalla gestione del generale
Figliuolo, ai quali aggiungere gli Alpini e decine di altre associazioni che ogni giorno staccano biglietti, gestiscono le file e aiutano a raggiungere gli obiettivi di tutti, del Paese. Oppure quelli che prestano servizio sulle ambulanze, ultimamente
chiamati a raddoppiare i turni per le tante assenze dovute alle quarantene. Sono solo alcuni esempi veloci, i primi che mi vengono in mente, e non vogliono escludere la marea di volontari che operano nel silenzio nei diversi settori della vita quotidiana.
Secondo l’Istat sono circa sei milioni i cittadini che svolgono attività di volontariato, in altre parole circa il 10% della popolazione. Percentuale che sale al 13/14% se si contano anche gli “under 16”. Un campione rappresentativo.
Il ruolo del volontariato è esplicito e, in effetti, anche riconosciuto a parole. Senza disdegnare le pacche sulle spalle, tuttavia è lecito chiedere an che altri tipi di sostegno.
I modi per supportare, di fatto, l’impegno civico possono essere diversi. Le leve azionabili per far proseguire il lavoro della solidarietà sono economiche, culturali, sociali, ma anche di una maggiore inclusione delle Istituzioni nelle dinamiche
decisionali. Non lasciare che i buoni propositi rimangano lettera morta, anche quelli già normati, come la co-programmazione e la co-progettazione, potrebbe essere il modo più prezioso per aiutare il volontariato a incidere in maniera ancora più profonda nella comunità e a mettere a dispo sizione le proprie competenze negli ambiti in cui
ha esperienza.
Rendete più facile il nostro aiuto, verrebbe da dire parafrasando alle più alte cariche dello Stato. In particolare agli amministratori locali, chiediamo di essere ripagati con la stessa moneta di ascolto, inclusione, collaborazione che ogni giorno il volontariato mette in circolazione nella collettività, per creare davvero i presupposti di una sostenibilità integrale che tenga conto di ambiente, economia e società, per dare vita insieme a uno sviluppo che non sia zoppo, che agisca sulle cause delle di suguaglianze, non solo sugli effetti.