Affrontare la povertà educativa partendo dalla condivisione di un principio di educazione diffusa, di corresponsabilità del territorio, di protagonismo delle nuove generazioni nella vita sociale. È questo l’impianto su cui poggiano i Patti di territorio per il contrasto alle povertà educative.
Sottoscritti ad oggi, per il Lazio, nell’area dei Castelli Romani, dai Comuni di Albano Laziale, Genzano di Roma e Velletri, da 16 comuni della Provincia di Latina e dal Municipio 3 di Roma Capitale, i Patti di territorio sono espressione di un’assunzione di responsabilità collettiva, la cornice per un percorso condiviso sulle diverse dimensioni della povertà educativa, un simbolico passaggio di testimone ai territori dei progetti Tutti a scuola e Radici di Comunità.
Operativi dal 2018 nel Lazio, i progetti Tutti a Scuola e Radici di Comunità sono stati animati dall’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, Bando Adolescenza il primo, bando Prima Infanzia il secondo. Con I Bambini ha favorito il rilancio delle politiche educative: i due progetti – Tutti a scuola con oltre 60 partner nel Lazio, ente capofila CSV Lazio, e Radici di Comunità, ente capofila Cemea del Mezzogiorno – hanno raccolto questa sfida, mirando alla sostenibilità futura delle policy educative nei territori di intervento, attraverso i Patti di territorio.
I Patti di territorio per il contrasto alle povertà educative rispondono ad alcuni obiettivi di fondo: la trasformazione partecipata dei territori come comunità educanti; l’assunzione programmatica e la negoziazione di metodi e strumenti di contrasto della povertà educativa; la partecipazione attiva alla costruzione di nuove cornici istituzionali. Mirano, quindi, al confronto, all’aggregazione, alla centralità, all’autodeterminazione delle nuove generazioni. Dalla creazione di spazi condivisi, stimolanti, capaci di aggregare e valorizzare competenze, all’apertura alle risorse europee. E alla costruzione di una cornice di riferimento per le Amministrazioni e i Comuni firmatari basata sulla condivisione di linee guida e buone prassi, l’implementazione di relazioni collaborative tra le risorse territoriali, la co programmazione e la co progettazione, oltre ad un focus sui sistemi di rilevazione dei fenomeni di dispersione e i servizi a supporto dei ragazzi e delle loro famiglie. Punto importante, poi, l’apertura delle scuole al territorio. Apertura che non è solo fisica, quale disponibilità sporadica di spazi dove svolgere attività, ma che è salto mentale, capacità di agirsi e percepirsi come poli culturali per i giovani sul territorio.
I Patti di territorio sottoscritti ai Castelli Romani istituiscono di fatto tre strumenti. Il primo riguarda le Cabine di Regia, che, a composizione multiattoriale, hanno la direzione dell’attività dei Patti: la pubblica amministrazione, le scuole, il terzo settore e le nuove generazioni dovranno, secondo criteri definiti dai Patti stessi, costruire insieme l’analisi del territorio e la visione delle politiche educative; regolare gli scambi tra tutti gli attori del territorio, i tempi e le modalità di allocazione delle risorse.
Decisioni che dovranno essere sostenute da processi partecipativi reali, diffusi e continui, come i Tavoli permanenti. Infine, il dispositivo della comunicazione pubblica, banca dati di buone pratiche, impegno a garantire la visibilità e la risonanza sociale dell’attività del Patto stesso.
Un sistema di regole che non manca di presentare criticità: la partecipazione alla Cabina di Regia dovrà avvenire su una base di rappresentanza e questo, per il terzo settore e per le scuole, non è scontato né agevole; i territori dovranno essere animati dalla volontà di continuare a curare i processi e anche qui si possono porre numerose domande, a partire dalla configurazione degli attori che continueranno a dare impulso a quanto sottoscritto da tanti. Ma è proprio qui che si delineano il ruolo politico e la qualità metodologica del Patto di territorio, che, catalizzatore di una pratica attrezzata di ascolto e generatore di ruoli di collaborazione inediti, pone davanti ai partecipanti un anno di sperimentazione di strumenti che potranno essere affinati e migliorati, in un processo continuo e condiviso.