“Ci occupiamo di quel tipo femminismo che ha meno visibilità, il transfemminismo, una lotta che include le voci delle persone trans e non binarie. Riteniamo infatti che la liberazione dall’oppressione di queste identità sia inevitabilmente legata alla liberazione di tuttə. Partendo da questo presupposto, ecco entrare l’intersezionalità come teoria e metodologia che prende in considerazione diverse categorie e identità: genere, razza, classe e altro e tiene conto di come esse interagiscano tra di loro per creare situazioni di privilegio ed oppressione”.
Così Catherina Zazzini presidentessa di Common Bubble, Organizzazione di Volontariato giovanile con sede a Monte Urano (Fermo), nata durante il lockdown del 2020 e che oggi cura il primo festival sul tema del transfemminismo interiezionale nelle Marche. “La nostra associazione nasce per promuovere rigenerazione urbana nella propria comunità, riabilitare spazio abbandonati in luoghi di incontro. Avevamo bisogno di un posto dove confrontarci, il Comune ci ha dato tre stanze che sono diventate la nostra sede”, spiega Zazzini.
La rigenerazione urbana è confronto intergenerazionale, dialogo e nasce dal prendersi cura uno dell’altra fino a interrogarsi sui propri desideri, sul modo di vivere alcune dimensioni. Il motore dell’associazione è formato da persone fra i 25 e i 30 anni, “Confrontandoci fra noi, discutendo dei nostri valori, è affiorato un interesse condiviso nel transfemminismo intersezionale, un movimento che risponde alla nostra sensibilità d’inclusione e libertà. Ci siamo resi conto di conoscere tanta gente che ne è testimone, ci siamo messi a studiare e abbiamo ideato il festival FəmFest!!”.
Così hanno stimolato, nel cuore della loro cittadina dell’entroterra fermano, una serie di riflessioni su temi che a molti possono risuonare sconosciuti e quindi persino perturbanti, ma che toccano nodi del nostro presente, “pregiudizi nascosti e ingiustizie talmente fossili da risultare invisibili”. E cioè grassofobia, identità di genere non conformi, femminismo biopic, cultura dello st*pro, condivisione non consensuale di materiale intimo, educazione femminista ed altro ancora.
“Il FəmFest di luglio è stato preceduto da una serie di laboratori, per capire come ognuna e ognuno di noi vivesse nelle proprie emozioni quel che volevamo raccontare. Il concetto di grassofobia per esempio genera nelle soggettività reazioni diverse. Ci siamo impegnatə ad approcciarlo in modo da creare le giuste connessioni tra di noi”.
Sono nate così le “Regole per la casa”, ovvero le avvertenze esposte su dei pannelli colorati presso i luoghi dove il FəmFest ha avuto scena a Monte Urano: “Non giudicare”. “Non presumere le identità delle ospiti” “Non presumere che lə altrə si sentano a loro agio con discorsi e comportamenti che tu consideri la normalità”. “Mostrare supporto”. “Ricordiamoci delle nostre interconnettività e delle relazioni interpersonali che hanno permesso la creazione di questo evento e molti altri”. Queste le raccomandazioni sviluppate nel segno della cura reciproca.
“Solo se si è sensibili si possono cambiare realmente le cose”, riflette Catherina Zazzini, “L’approccio frontale non ci interessa”. I punti emersi durante FəmFest sono stati talmente tanti, che volontarie e volontari di Common Bubble sperano di ripetere il prossimo anno, sempre nel solco del transfemminismo e della sua propensione a generare un dialogo rispettoso e includente.
Nel mentre il sito www.femfestmonteurano.wordpress.com ha “fermato” i nuclei affrontati negli eventi in una mappatura sintetica e accurata dei temi su cui il dibattito ha preso vita. Una guida utile per approcciarsi al FəmFest con maggiore consapevolezza, anche perché in provincia il transfemminismo è un tema meno veicolato rispetto ai grandi centri, “Ed è per questo che è importante parlarne”, chiosa Catherina. Durante le due giornate, gli eventi sono stati seguiti anche da anziani affacciati alle finestre, a curiosare cosa stesse accadendo in piazza, sul palco, come avviene per le feste del paese. Altri passando scuotevano la testa per poi andare via perplessi, o si fermavano ad ascoltare partecipi.
E così FəmFest ha preso forma nel modo migliore, “Tutto è andato nel segno della gioia e della felicità”, conclude la presidentessa, “Sono arrivate in tantissime, da Monte Urano e da fuori. Non sapevamo più dove far sedere le persone”. Per due giorni si sono succeduti workshop, laboratori, presentazioni di libri, mostre fotografiche, in 16 fittissimi appuntamenti che hanno dato voce soprattutto a giovani ospitə, d’un range d’età fra i 23 e i 40 anni.