Chi è in stato di detenzione non può scegliere il proprio medico curante. In istituto ci sono un medico di base, uno specialista, un infermiere, uno psicologo. Il detenuto è libero di far chiamare uno specialista esterno, ma deve farlo a sue spese, il che è di fatto un ostacolo.
A questo mondo confinato e dimenticato che è il carcere VDossier ha dedicato l’ultimo numero della rivista (disponibile qui), con un ampio approfondimento sulle difficoltà di una vita chiusa a doppia mandata e sul reinserimento sociale del dopo, ma anche sulle risorse dell’associazionismo e del volontariato, che recuperano diritti. In Italia, come ricorda proprio l’ultimo numero di VDossier, i detenuti maggiorenni sono 54.134 distribuiti in 192 istituti, il 4% dei quali sono donne. Dal 2008 la materia della salute in carcere è passata a carico delle Regioni e delle ASL e dei servizi territoriali, in qualche caso ospedalieri. La medicina penitenziaria, tuttavia, non è ancora contestualizzata da un punto di vista disciplinare e operativo e non esiste, quindi, una specializzazione dedicata nel percorso di studio in medicina. Il medico o l’infermiere che si trovano a lavorare in carcere non sono adeguatamente formati per intervenire in situazioni ambientali molto distanti dalla quotidianità, mentre l’impossibilità di scegliere il proprio curante rappresenta una grande presa di responsabilità per gli stessi sanitari.
Un importante passo in avanti in questo ambito è rappresentato dal protocollo di intesa sottoscritto in questi giorni a Roma tra il Coordinamento Nazionale degli Operatori per la Salute nelle Carceri Italiane (Co.N.O.S.C.I. OdV) e il Segretariato Italiano Studenti in Medicina (SISM APS). Frutto di una lunga esperienza di collaborazione tra Co.N.O.S.C.I. – da oltre vent’anni attivo sui temi della salute e dell’assistenza medica in carcere, ha portato un contributo nella definizione della normativa di riferimento – e SISM – che si adopera per fornire contributi qualificanti alla formazione accademica degli studenti, alla loro sensibilizzazione sui profili etici e sociali della professione medica -, l’accordo pone al centro proprio l’attuale carenza di formazione specifica e si pone come strumento di lavoro comune che contribuisca a colmare tale lacuna. Punta quindi a formare e informare: prevede la realizzazione congiunta di attività di sensibilizzazione ed educazione rivolte ai medici, agli studenti di medicina, alla popolazione in generale con focus sulla tutela dei diritti umani e della salute in contesti di reclusione e dipendenze; iniziative formative rivolte a studenti di medicina e, ancora, la realizzazione di iniziative formative su etica, sanità, medicina penitenziaria e il lavoro sulla creazione di rete, tra le realtà che, sui territori, sono impegnate sulla tutela dei diritti e della salute in condizione di reclusione e tossicodipendenza.
“Prevenzione e igiene ambientale, quale igiene degli ambienti e delle malattie, in carcere sono sconosciute”, spiega il dott. Sandro Libianchi, Presidente Co.N.O.S.C.I.. “Il 2022 è stato per il nostro Paese una tragedia: abbiamo raggiunto il numero massimo di suicidi nella storia delle carceri italiane, con 84 episodi in totale, più di uno a settimana. Purtroppo le ASL e le Regioni non danno ancora una risposta sostenibile ed efficace. A fronte di una presunta efficienza e istituzionale, di fatto, non abbiamo la sensazione che Regioni e ASL abbiano preso con molta gioia questa ulteriore responsabilità, nonostante il trasferimento integrale dei fondi del Ministero della Giustizia”. Una carenza, continua Libianchi, che riguarda tutte le professioni sanitarie e non soltanto i medici, ma anche gli infermieri, gli psicologi, gli assistenti sociali, gli operatori socio-sanitari. Il Protocollo di intesa fa così da apripista rispetto a prossimi accordi dedicati, già programmati, interpellando, d’altro canto, come sottolineano le stesse associazioni, le istituzioni competenti, i Ministeri di riferimento, che dovrebbero farsi promotori consapevoli di iniziative efficaci in questo senso.
“La salute degli individui è importante in qualsiasi situazione”, ribadisce Andrea Caronna, Presidente SISM APS, “ma i dati sui suicidi confermano come questi siano argomenti che non vengono considerati in modo adeguato. Forse partire dalla formazione dei futuri professionisti può essere un buon inizio”. Tutto si muove troppo attorno alle risorse, “quando poi vengono a mancare la volontà e la capacità di mettere in atto azioni costruttive ed efficaci”, chiosa Libianchi richiamando e ribadendo il ruolo proattivo di volontariato e associazionismo.