di Noemi Roncuzzi, CSV della Romagna, VolontaRomagna Odv – 4 luglio 2024

Casa Community Lab, da professionisti individuali a squadre di distretto

 Il progetto Casa Community Lab, lanciato in Emilia-Romagna nel novembre 2023, mira a innovare le politiche pubbliche attraverso la creazione di Case di comunità. Questi spazi offriranno assistenza sociale e sanitaria integrata, favorendo il dialogo tra i professionisti del settore sanitario, sociale e del Terzo settore. L'iniziativa, prevista dal PNRR, si propone di ottimizzare le risorse e migliorare l'accessibilità ai servizi entro il 2026.

Post-it colorati, cartelloni, ritagli di giornale e persino un hula-hoop. Cosa hanno a che fare questi oggetti con i Casa Community Lab che si stanno svolgendo in Emilia-Romagna da novembre 2023?

Procediamo con ordine.

Innanzitutto, Casa Community Lab è un metodo trasformativo/partecipativo adottato dalla Regione Emilia-Romagna per supportare l’innovazione nelle politiche pubbliche, atte alla creazione di spazi dialogici tra le equipe multidisciplinari che andranno a progettare le Case di comunità. Queste ultime, incluse nella missione 6 del PNRR, sono un ambizioso passo avanti verso l’ottimizzazione delle risorse a disposizione del Servizio Sanitario Nazionale e le possibili evoluzioni in materia di welfare locale. Entro il 2026, si prevede una struttura ogni 40-50mila abitanti, che sia un luogo di riferimento dove i cittadini possano trovare assistenza sociale e sanitaria integrate. Garantita, la massima accessibilità e la presa in carico del paziente a tutto tondo.

Primo fra i desiderata di questa progettualità, quello di creare uno spazio vivo di prossimità dove le equipe multi professionali che vi operano riescano a valicare uno dei maggiori ostacoli del sistema attuale: lo scarso o quantomeno farraginoso dialogo fra i servizi socio-sanitari e socio-assistenziali.

Alla Regione Emilia-Romagna è venuta in mente una soluzione: coinvolgere i professionisti del sanitario, del sociale e del Terzo settore in una serie di laboratori-intervento formativi, i Casa Community Lab. Così come dei sarti, ognuno di essi collaborerà alla mappatura, alla creazione di un modello, poi di un disegno e infine all’imbastitura di una realtà cucita su misura delle esigenze comunitarie, basandosi sullo studio di casi concreti. L’obiettivo: far parlare la stessa lingua alle “tre teste, tre cuori, tre menti” del sistema, così come le definiscono le referenti del Settore Innovazione nei servizi sanitari e sociali della Regione Emilia-Romagna, Diletta Priami e Vanessa Vivoli, che hanno ricevuto il mandato di condurre i Casa Community Lab.

Ecco quindi che si ha una dimensione del dispositivo, che porta un nome nato dalla fusione tra “CaSaLab”, che ha accompagnato l’implementazione della delibera regionale sulle Case della salute, DGR 2128/2016, e il “Community Lab”, un metodo di formazione per la partecipazione attiva dei cittadini, applicato dal 2012 in più di 20 territori dell’Emilia-Romagna (dati Regione Emilia-Romagna).

Due i presupposti teorici, il concetto di sperimentalismo e l’idea di un apprendimento capace di creare rete, rispettoso delle singole dimensioni quotidiane del lavoro di ciascun professionista coinvolto. Il primo, di Charles F. Sabel, convinto che l’unica via possibile fosse appunto la sperimentazione innovativa a livello locale, il cui successo è fortemente interconnesso alla capacità della governance di guidarle, monitorarle, riaggiustarle in corso d’opera. Il secondo, rivolto in particolare ai professionisti che sono a loro volta un concentrato di esperienze pregresse e background di competenze: un cambiamento non si produce se non creando legami con i contesti nel quale l’apprendimento stesso viene inserito.

Le referenti della Regione Emilia-Romagna, Diletta Priami e Vanessa Vivoli, che conducono in un virtuoso tandem i laboratori del Casa Community Lab (o CCLab), ci accompagnano alla scoperta dei punti focali e dei retroscena del percorso. Alle loro spalle, un’esperienza decennale di relazione lavorativa in equipe.

Creare processi collettivi, una missione non facile. Come avete interpretato il mandato della Regione e quindi cambiato o adattato alle esigenze attuali, il dispositivo del CCLab?

“Io e la mia collega Vanessa”, risponde Diletta Priami, “ci siamo messe in moto un anno e mezzo prima dell’avvio del percorso (il 15 novembre 2023 ndr.) per fare in modo che tutti gli attori necessari fossero agganciati. Nell’ottica del raggiungimento capillare del cittadino, abbiamo chiesto la partecipazione del Terzo Settore sin dall’inizio, dalle prime fasi progettuali, a differenza dell’esperienza CaSaLab, in cui veniva coinvolto solo localmente e in un secondo momento. Il dispositivo, così come lo abbiamo riadattato ed efficientato, ci aiuta a far emergere nei gruppi i punti di forza ma anche le criticità che andranno micro-progettate ad hoc. Il processo partecipativo, per far sì che attui dei cambiamenti, deve dare ai partecipanti quella che ci piace definire una cassetta degli attrezzi, ovvero strumenti organizzativi, metodologici, relazionali, di cui i professionisti avranno bisogno”.

Aggiunge Vanessa Vivoli: “Abbiamo raccolto il guanto di una sfida importante, il cui impatto sul territorio si vedrà nel tempo. Molto dipenderà da quanto si interiorizzerà il concetto di partecipazione e innovazione, in modo che il Casa Community Lab, che di per sé è anche un processo di valutazione partecipata, diventi una prassi per affrontare le sfide”.

Il CCL è frutto di anni di lavoro pregresso e lezioni apprese dalle esperienze passate. Quali evoluzioni avete notato nel tempo?

“Senso di fiducia. Vedo la maggior parte delle governance coinvolte, sposare il nostro metodo con massima fiducia, appunto, dimostrandoci vicinanza a tutti i livelli. Tale risposta, forse è frutto di un ritrovamento di due metodi già sperimentati con successo nel nostro territorio. In più, ho rilevato nei professionisti che accompagniamo, un’acquisizione più veloce della metodologia, pur essendo il CCL di per sé un percorso più complesso” afferma Diletta Priami.

La segue Vanessa Vivoli, che afferma: “Rispetto al passato, metodologicamente parlando, abbiamo qualche differenza. Sebbene i due modelli del CaSaLab e del Community Lab siano stati fusi, questa volta abbiamo la presenza immediata del Terzo settore, col coinvolgimento di Monica Raciti (responsabile area infanzia e adolescenza, pari opportunità e Terzo settore della Regione Emilia-Romagna) come punto nevralgico, come punto tecnico del supporto sia nell’aggancio che nella facilitazione dei processi. Possiamo dire che il CCL sia stato messo maggiormente a fuoco rispetto ai suoi predecessori. Per fare in modo che ciò accadesse, abbiamo fortemente voluto uno staff di coordinamento, e un dialogo anche con le amministrazioni locali, non solo super partes, a livello regionale. È per questo che abbiamo rivolto l’invito a tutti i 38 ambiti distrettuali. Altra differenza: l’approccio valutativo che abbiamo implementato sin da subito per fare un salto in avanti e per riuscire a raccontare il cambiamento, con un’ampiezza territoriale maggiore”.

All’interno dei CCL, soprattutto negli appuntamenti locali, vi armate di strumenti e tecniche originali di apprendimento: post-it, cartelloni, addirittura un cerchio per l’hula-hoop. Quale dà i maggiori frutti?

“Non c’è un metodo migliore dell’altro, ogni tecnica deve essere coerente con le strategie che abbiamo e adattata al contesto. La stessa tecnica, applicata in ambiti e con persone differenti, riscontra reazioni eterogenee. L’importante, è che la formazione che agiamo sia interattiva ed emozionale, per fare in modo che i professionisti apprendano mettendosi in gioco. L’aula è di per sé un mezzo: una volta interiorizzato il modello, saranno le equipe distrettuali in primis ripetitrici consapevoli di un modo di lavorare. Da non tralasciare anche il fatto che io e Vanessa dobbiamo ottimizzare le ore d’aula, dati i vincoli in termini di tempo a disposizione che hanno i professionisti”, spiega Diletta Priami.

“Rispetto alle innovazioni”, aggiunge Vanessa Vivoli, “il CCL è fatto anche di riaggiustamenti e perfezionamenti in corso d’opera. Ad esempio, durante i laboratori locali, abbiamo sentito i professionisti passare progressivamente dal riferirsi a sé stessi individualmente, al considerarsi e presentarsi come

squadre distrettuali. Ciò, oltre a farci estremamente piacere, ci ha portate a pensare ad alcuni momenti, i laboratori relazionali, per prenderci cura di queste squadre appena nate. Attraverso un’attività con l’hula-hoop possiamo instaurare un’emozione positiva: il divertimento in fase di apprendimento, se studiato e dosato ad arte, è un ingrediente segreto al quale non abbiamo voluto rinunciare” e prosegue: “Un altro elemento di evoluzione risiede nel nostro voler stimolare la capacità di meta-osservare quello che facciamo e come ci poniamo io e Diletta. La speranza è che le equipe ci imitino, andando a riportare i metodi appresi nei CCL all’interno delle singole Case di Comunità. Si tratta della (ri)lettura o (re)interpretazione dei processi metodologici in chiave organizzativa.

Mi viene in mente l’espressione dello scrittore americano Austin Kleon “ruba come un artista”. Ultima innovazione ma non per importanza, la mappatura viva, relazionale, dinamica che è stata svolta per allestire gli spazi dialogici e riflessivi.”

15 novembre 2023, Bologna, la sala “20 maggio” presso la sede della Regione Emilia-Romagna era gremita di persone. Come referenti del percorso CCLab, cosa avete provato nel vedere concretizzarsi un progetto pensato da tempo?

“Ero emozionata, si, ma carica di energie positive. Ho visto realizzarsi qualcosa che avevo fino a quel momento pensato a lungo insieme alla mia collega. In quel momento mi sono detta: questo progetto potrebbe essere una potenza” afferma sorridente, Vanessa Vivoli.

“Sono d’accordo”, conferma Diletta Priami, “mi sono sentita fiera del nostro operato, fiduciosa del percorso complesso e sfidante ma sicuramente arricchente, che quel giorno veniva inaugurato.”

Concludiamo con una domanda cruciale: qual è l’ingrediente imprescindibile per creare partecipazione?

Entrambe, concordano: “La passione. Oltre ad una giusta dose di divertimento e curiosità”.

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