di Clara Capponi – 19 novembre 2024

La vision dei Csv: contrastare lo spopolamento delle aree interne

 A Trento, capitale italiana ed europea del volontariato 2024, la governance dei Centri di servizio ha disegnato l’agenda per il futuro. Supporto alle organizzazioni per sviluppare competenze utili a rivitalizzare luoghi capaci di esprimere un capitale culturale, storico, ambientale che rischia di restare completamente inutilizzato

Lo spopolamento delle aree interne è la cartina al tornasole di un Paese che fa sempre più fatica a fare i conti con i suoi problemi strutturali: il calo demografico, l’invecchiamento della popolazione, la fuga dei giovani per studiare o trovare lavoro, la scarsa capacità di rivitalizzare i territori con le giuste risorse.

A darne una fotografia allarmante è l’ultimo report dell’Istat (La demografia delle aree interne: dinamiche recenti e prospettive future) che analizza l’andamento demografico, nel corso degli ultimi vent’anni, di queste zone, caratterizzate dalla scarsa accessibilità ai servizi essenziali (istruzione, salute, mobilità). In Italia le aree interne contano circa 4mila comuni, che sono circa il 50 per cento del totale (ma se guardiamo al Sud la percentuale aumenta al 67,4 per cento). Vi risiedono 13milioni e 300mila individui, in pratica un quarto della popolazione residente in Italia, che in dieci anni è diminuita del 5 per cento. A questo si aggiunge un altro dato negativo, quello legato al capitale umano: in poco più di 20 anni le aree interne hanno perso quasi 160mila “cervelli”, tra quelli espatriati nei centri (ovvero i grandi poli o comuni di cintura più sviluppati) o nei Paesi esteri. In un contesto culturale caratterizzato da rapporti sempre più disintermediati, dove i legami virtuali sono più assidui e costanti di quelli legati alla vicinanza e alla prossimità, il volontariato può colmare un vuoto e ampliare l’orizzonte delle possibili strade da percorrere e prospettive concrete a cui guardare.

Affidandosi ancora una volta ai dati si scopre infatti che queste zone possono contare sul 20 per cento del totale delle istituzioni non profit attive in Italia. Una presenza che si fa sentire soprattutto al Sud, dove si evidenziano quote rilevanti di istituzioni attive soprattutto nella cura e assistenza alla popolazione, con un notevole impegno anche sul fronte dell’inclusione sociale attraverso la realizzazione di attività ricreative, di socializzazione e anche sportive (oltre il 66 per cento delle organizzazioni è attivo in questo ambito). Inoltre, negli ultimi anni, i principali segnali di crescita del settore si rilevano proprio nelle regioni del Sud. E un segnale di attenzione a questo esempio d’Italia capace reagire arriva dal sistema dei Centri di servizio per il volontariato (Csv), che ha deciso di incentrare proprio sul rafforzamento del volontariato nel contrasto allo spopolamento delle aree interne una delle nuove direttrici strategiche su cui lavorare per progettare ed erogare servizi, a partire dal 2025 e nei prossimi anni.

Dopo la pubblicazione nel 2023 del Manifesto “Per fare bene insieme” che ha ridefinito la vision dei centri come agenti di sviluppo del volontariato nei territori, il sistema ha avviato un lungo processo di ascolto che ha coinvolto tutti i 49 Csv attivi in Italia. Lo scorso maggio a Trento, Capitale italiana ed europea 2024, la governance del sistema dei Csv si è ritrovata per discutere gli esiti del percorso fatto, individuando opportunità e sfide da mettere in agenda per il futuro.

Tra queste il supporto alle organizzazioni per sviluppare competenze utili a rivitalizzare le aree interne del Paese, luoghi capaci di esprimere un capitale culturale, storico, ambientale importante e che rischia di essere sfruttato o, peggio, inutilizzato. Luoghi in cui, grazie al volontariato, si può scegliere di restare, nonostante le difficoltà, perché sono attive associazioni capaci di attirare il coinvolgimento e le forze di giovani. Ragazze e ragazzi che trovano nei progetti di volontariato contesti di crescita e di sviluppo individuale utili a costruire anche il proprio progetto di vita. Non solo, dal meeting di Trento è emersa l’importanza che il mondo del volontariato valorizzi la sinergia con le istituzioni attraverso un approccio integrato, che includa la promozione di progetti ad alto impatto sociale. È necessario sostenere le associazioni nell’avvio di “palestre” per lo sviluppo di nuove competenze, offrendo al contempo opportunità di crescita economica e lavorativa per le comunità locali.

Questi percorsi non sono un obiettivo isolato, ma si inseriscono in un quadro più ampio di priorità strategiche che il volontariato si trova ad affrontare oggi. In particolare, sono stati individuati altri tre temi chiave da sostenere e rilanciare: il protagonismo del volontariato nella co-programmazione delle politiche di welfare, con particolare attenzione alla salute; il sostegno al ruolo del volontariato per la costruzione di nuovi modelli di economia sociale, insieme a un maggiore supporto alle associazioni sul fronte del ricambio generazionale e del rinnovamento leadership. Su questo ultimo punto, in particolare, il sistema dei Csv ha intercettato un forte dibattito che sta animando il mondo del volontariato e del terzo settore più in generale.

L’ingaggio di nuovi volontari, soprattutto giovani è una questione che interessa gran parte del tessuto associativo, che si è posto l’obiettivo di individuare le problematiche e le strategie più giuste per affrontarle. Tra le questioni principali c’è la frammentarietà del tempo a disposizione: le persone vivono vite sempre più frenetiche. Una condizione che riguarda soprattutto i giovani che, non a caso, nelle attività di volontariato, tendono a offrire più competenze che tempo. Oltre a questo, le esperienze degli ultimi anni – le emergenze sociali conseguenti ai conflitti mondiali, ai cambiamenti climatici – hanno mostrato come l’impegno delle fasce sociali più giovanili sia maggiormente indirizzato a esperienze estemporanee, che si esauriscono all’affievolirsi delle urgenze che hanno innescato la voglia di impegnarsi.  Eppure il desiderio di contribuire, di essere parte attiva del cambiamento sociale, è molto forte anche oggi.

Questo è uno degli elementi su cui è necessario interrogarsi: come riuscire a mantenere vivo l’interesse di quei 600mila giovani che svolgono qualche forma di impegno gratuito? E come può il volontariato organizzato accrescere il dialogo con gli oltre 2milioni e 300 mila persone che, sempre secondo l’Istituto italiano di statistica, fanno volontariato in modo saltuario? Dall’osservatorio dei Csv emerge l’importanza di allestire esperienze trasformative, che diano dei risultati concreti. Un altro ambito su cui i Csv potrebbero sostenere le organizzazioni riguarda la comunicazione, fornendo strumenti, allenando allo sviluppo di linguaggi più vicini ai giovani, più coinvolgenti e inclusivi, che sappiano andare oltre l’immagine tradizionale che vede nel volontariato un’esperienza altruistica quanto piuttosto che fa bene a chi la fa.

È ormai chiaro che il senso di appartenenza a una causa o a un’associazione non passa più (o non solo) dalla condivisione di valori tradizionali, ma dalla percezione del volontariato come esperienza che aiuta a crescere. Un percorso di trasformazione a tutto tondo che includa la possibilità di dare una spinta agli enti di terzo settore verso un rinnovamento del proprio modello organizzativo, che passa anche dal supporto da parte dei Csv alle nuove generazioni, affinché possano aggregarsi in modo strutturato e costituire associazioni proprie, insieme allo sviluppo di tecnologie che favoriscano l’incontro tra domanda e offerta di volontariato. Un altro tema prioritario, sempre connesso ai precedenti, riguarda il rilancio di nuovi modelli di economia civile. Dall’analisi delle programmazioni dei Csv e dei tanti progetti avviati insieme alle associazioni del territorio emerge un quadro estremamente vitale anche se ancora troppo poco conosciuto di interventi legati a una nuova idea di sviluppo produttivo. Esperienze di economia circolare, di recupero di beni e prodotti o legati all’energia sostenibile che valorizzano le risorse disponibili e in molti casi generano anche sviluppo imprenditoriale e lavorativo. In un momento storico in cui le disuguaglianze economiche e sociali sono in aumento, e la fiducia nelle istituzioni è in calo, il volontariato può svolgere un ruolo fondamentale nel costruire un’economia più inclusiva e sostenibile. I Csv possono accompagnare questa crescita favorendo lo sviluppo di reti di collaborazione tra i diversi soggetti che operano sul territorio e rafforzando la conoscenza e la sensibilizzazione rispetto a tali tematiche.

L’ultima delle quattro direttrici identificata dal sistema dei Csv riguarda la capacitazione del volontariato nella pianificazione di politiche adeguate sul tema della salute. Un concetto, quello della salute che non può più limitarsi solo al benessere psicofisico delle persone o all’assistenza sanitaria, ma deve essere intesa come una presa in carico complessiva di ciascun individuo, che tenga conto di tutti gli aspetti della sua vita, dalla salute mentale al benessere sociale. In questo contesto, il volontariato può diventare protagonista, contribuendo a integrare i servizi sanitari e sociali e promuovendo un approccio più olistico al benessere delle persone. I Csv intendono attivare processi di formazione per le associazioni per fornire le competenze per potenziare questo ruolo. In tal senso, quindi, saranno da sostenere quei processi che le organizzazioni di volontariato e i loro sistemi metteranno in atto per promuovere l’integrazione tra il volontariato stesso e i sistemi di welfare.

Volontari del parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise © Romano Visci, progetto Fiaf-CSVnet “Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano”

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