Se si cerca su Google “volontariato in Brasile” le informazioni che vengono proposte riguardano le opportunità che ci sono per chi intende fare una esperienza come volontario in diverse situazioni come quella delle favelas o per progetti comunitari. In effetti qui il volontariato, così come lo conosciamo in Europa e in Italia in particolare, non esiste. Sono rare le forme associative di cittadini che agiscono volontariamente e si impegnano per attività di tipo solidaristico verso altri. A prevalere sono le Ong, Organizzazioni non governative, di cooperazione internazionale o forme associative caritatevoli spesso di matrice religiosa.
In Brasile la salute è l’area con la più consolidata partecipazione sociale in relazione alle politiche pubbliche, e quella con la più solida resistenza ai cambiamenti che possono subentrare con i cambiamenti di area politica, non sempre favorevoli a queste forme di partecipazione, come ad esempio durante il governo di Bolsonaro.
Il contributo della cittadinanza alla definizione e implementazione delle politiche sanitarie è previsto e strutturato nel Sistema sanitario unico (Sus) istituito nel 1988, che si ispira alla legislazione italiana (Sistema sanitario nazionale del 1978).
In particolare, la legge n. 8080/1990 che, all’articolo 1, definisce che il “Sus ha, in ogni ambito di governo, fatte salve le funzioni del ramo legislativo, le seguenti istanze collegiali:
I – la Conferenza sulla salute, che si riunisce ogni quattro anni con la rappresentanza dei diversi segmenti sociali per valutare la situazione sanitaria e proporre linee guida per la formulazione della politica sanitaria ai livelli corrispondenti
II – il Consiglio della Salute. Organo permanente e deliberativo, collegiale, composto da rappresentanti del governo, fornitori di servizi, professionisti della salute e utenti, che agisce nella formulazione di strategie e controlla l’esecuzione della politica sanitaria nell’istanza corrispondente, compresi gli aspetti economici e finanziari, le cui decisioni sono ratificate dal capo del potere legalmente costituito in ogni sfera di governo.
Questo modello di inclusione della cittadinanza è rafforzato da quanto dichiarato nella Costituzione brasiliana del 1988 in cui viene stabilito che la “partecipazione sociale” è linea guida del Sistema sanitario unico (Sus) in tutta la dinamica federativa brasiliana. Tale indicazione normativa si esplicita nei Consigli di salute che sono presenti a livello comunale, regionale, all’interno dei 27 Stati federali e a livello nazionale, senza che questa territorializzazione produca una gerarchia tra loro. La composizione di questi dispositivi previsti costituzionalmente si nutre e si appoggia su un funzionamento sociale radicato nelle comunità brasiliane e caratterizzato da forme di presidio spontaneo e di auto-organizzazione comunitaria in supporto e risposta alle necessità delle diverse comunità territoriali. Non è quindi un caso che i regolamenti dei Consigli prevedano che il 50 per cento della loro composizione sia espressione delle rappresentanze delle comunità locali. Ogni quattro anni inoltre, si riuniscono le Conferenze nazionali della salute, che definiscono le priorità dei piani sanitari nazionali e prevedono una partecipazione sociale allargata rispetto ai Consigli di salute.
L’infrastruttura amministrativa dei Consigli della Salute è legata alla struttura statale, nello specifico al ministero della Salute e alle Segreterie sanitarie statali e municipali, ma la loro azione politica è autonoma, non essendo subordinata alle decisioni dei governi. Inoltre, la Costituzione ha stabilito un concetto allargato di salute, permettendo ai consigli e alle conferenze di avere una portata intersettoriale e non solo sanitaria: nonostante una valenza prettamente sanitaria, i consigli si costituiscono anche per affrontare altre tematiche. Ne sono esempio i consigli attivati sul tema dell’agricoltura nei territori definiti semi-aridi dello Stato del Rio Grande del Nord, o i consigli che si concentrano su determinate porzioni della popolazione, come quelli attivati in relazione alla salute delle persone di discendenza africana o indigena.
Allo stesso tempo, La Costituzione brasiliana, all’articolo 196, sottolinea che la “salute è un diritto di tutti e un dovere dello Stato, garantito attraverso politiche sociali ed economiche volte a ridurre il rischio di malattie e altre patologie e l’accesso universale ed equo ad azioni e servizi per la loro promozione, protezione e recupero”. La responsabilità del garantire l’accesso alla salute per tutti e tutte è quindi in capo all’istituzione pubblica, senza che sia contemplata una sostituzione di questa da parte di soggetti altri. Il coinvolgimento della cittadinanza come parte attiva della definizione delle politiche e dei servizi all’interno dei consigli e delle conferenze è quindi interpretata come parte integrante dell’azione pubblica in campo sanitario. Questo si traduce in una sorta di diffidenza degli interlocutori “civili” brasiliani nei confronti del termine “volontariato”, che viene associato spesso a un’azione più di tipo assistenziale e caritatevole.
La pandemia da Covid degli scorsi anni ha parzialmente modificato questa percezione. L’affanno in cui si è trovato il sistema sanitario nel far fronte alla tragedia che ha coinvolto la popolazione e verso cui il governo ha perpetuato una politica negazionista, definita da diversi autori brasiliani di “necropolitica”, ha stimolato forme di solidarietà inedite.
Le pratiche messe in campo per sostenersi vicendevolmente, produrre autonomamente i dispositivi protettivi (mascherine) e altro ancora hanno fatto emergere e messo in luce le potenzialità di forme volontarie di intervento non più trascurabili, tanto da produrre nel lessico il neologismo di “agente popolare di salute” per identificare le persone che si sono mobilitate spontaneamente per organizzare una risposta difensiva nei confronti della pandemia. L’importanza di queste mobilitazioni ha fatto sì che nascessero diverse iniziative per non disperderne l’esperienza e anche il governo ha promosso attraverso specifici bandi il sostegno finanziario per qualificare queste figure e le loro competenze.
Maria Augusta Nicoli è psichiatra, vicecoordinatrice dell’Associazione scientifica Rede Unida Internazionale, ente internazionale, con sede in Brasile, che sviluppa progetti, ricerche e formazione attualizzando l’approccio di salute collettiva come paradigma necessario per le sfide odierne.
Alcindo Antônio Ferla è medico, professore associato all’università federale di Rio Grande do Sul (Ufrgs). Componente della Camera tecnica degli studi integrati di controllo e partecipazione sociale alla sanità (Cteicps) del Consiglio nazionale della salute. Redattore capo di Editora Rede Unida.