Valeria Vitali, cofondatrice di Rete del dono ed esperta di innovazione sociale e formazione in ambito digital fundraising e crowdfunding fa il punto sull’osservatorio Donare 3.0, l’iniziativa lanciata dalla fondazione Rete del dono e PayPal nel 2014 di cui abbiamo riportato alcune storie nelle pagine precedenti.
Stando alla sua esperienza e ai risultati della vostra ricerca, quanto è importante l’integrazione tra profit e non profit?
La ritengo fondamentale per due motivi: per co-programmare e co-progettare, perché l’anima del non profit permette di sviluppare progetti in cui mettere a fuoco i bisogni; per sfruttare le competenze specifiche dell’imprinting aziendale, in grado di compensare laddove il Terzo settore non sempre è così forte. L’alleanza di visioni e di competenze permette di portare avanti progetti efficaci, per il territorio e la collettività.
Quanto è importante aggiornare costantemente siti o piattaforme di crowdfunding (finanziamento collettivo), non soltanto con contenuti ma anche con rifacimenti strutturali?
Anche in questo caso la mia risposta è: fondamentale. Siamo usciti da una pandemia che ha spinto molto in avanti i pagamenti digitali e finalmente anche il crowdfunding ha acquisito una sua forma, passando da mero strumento di raccolta fondi a opportunità di condivisione della causa e coinvolgimento della propria comunità. Anche Rete del dono ha conosciuto negli ultimi mesi un grande cambiamento: la dashboard, ovvero l’area privata riservata ai donatori, è stata integrata della funzione di storico, dunque sarà possibile per chiunque ricostruire il suo percorso di donatore ritrovando tutti i versamenti, assieme alle ricevute fiscali. Ma abbiamo in serbo delle novità.
Quali?
Prima di Natale lanceremo il nostro nuovo servizio di ticketing, che già abbiamo e che al momento è guidato da noi per permettere di organizzare un evento di raccolta fondi, come una serata charity a teatro, con la creazione di un ticket solidale di accesso a fronte di un versamento. Questo sistema sarà implementato con una nuova release in cui tutto sarà più veloce: l’utente potrà crearsi in due minuti il suo evento solidale in totale autonomia, come già accade per i progetti, per poi condividere l’indirizzo del sito web e sbigliettare. Senza dimenticare che, in questo come in altri modi, la donazione è fiscalmente deducibile e detraibile. Inoltre, daremo accesso a questo servizio anche a chi non ha una campagna attiva sul nostro sito, basterà soltanto registrarsi.
Perché si assiste ancora a una proliferazione di piattaforme di crowdfunding?
Le grosse organizzazioni lo fanno con l’intento di ottimizzare i costi, perché hanno in piedi raccolte fondi importanti e possono permetterselo.
Ma le piattaforme sono valide nella misura in cui riescono a stare dietro all’innovazione. Anche noi, facciamo molto per stare al passo; qui il rischio, soprattutto per le organizzazioni più piccole, è lanciare piattaforme che poi finiscono per risultare obsolete, perché poco aggiornate, poco interattive, poco ricche di contenuti.
Bisogna innanzitutto fare un’analisi della fattibilità nel medio-lungo periodo, perché altrimenti l’investimento non verrà mai ripagato. Oltretutto affidarsi a piattaforme più consolidate e più ricche di contenuti, dunque con più traffico, espone anche a una maggiore visibilità, dunque a raggiungere potenziali nuovi donatori esterni
Quali sono stati i dati salienti emersi dalla vostra ricerca Donare 3.0 di quest’anno?
Negli ultimi dieci anni il crowdfunding è cresciuto, assieme ai pagamenti digitali che però hanno subito una contrazione nell’ultimo anno; l’utilizzo del mobile ha superato quello del personal computer; l’importo medio di una donazione è cresciuto e va oltre i 50 euro per quasi la metà degli intervistati, e in genere va a più di un Ets. Cresce l’attenzione e il conseguente sostegno economico a chi si occupa di disabilità; si dona soprattutto in occasione di emergenze, compleanni ed eventi sportivi.
Inoltre, la sinergia online-offline favorisce il coinvolgimento dei donatori. È curioso rilevare, però, che un donatore su tre non sa di poter accedere ai benefici fiscali inserendo la propria donazione nel 730 o in dichiarazione dei redditi.
Infine, le giovani generazioni sono più propense ad ascoltare gli influencer rispetto ai baby boomer. Questo è sicuramente un punto di attenzione per le organizzazioni che devo guardare avanti se vogliono ampliare il proprio coinvolgimento.
Le dieci organizzazioni che avete intervistato nella parte qualitativa come si sono espresse sull’uso dell’intelligenza artificiale?
Non hanno manifestato tendenziali timori, ne vedono un beneficio in termini di efficientamento, miglioramento del coinvolgimento e delle strategie di comunicazione, anche se sono consapevoli che è necessario investire, soprattutto in formazione, per poter sfruttare al meglio queste nuove tecnologie. L’analisi dei dati, il supporto creativo e l’assistenza al donatore sono i primi passi da compiere.
In che modo l’avete integrata nella vostra realtà?
Stiamo studiando l’intelligenza artificiale per sviluppare un prompt capace di proporre i migliori contenuti e la più efficace strategia di comunicazione per un piano di crowdfunding declinato ad hoc per ogni progetto di utilità sociale. In questo modo saremo in grado di offrire alle organizzazioni non profit un modello di intelligenza artificiale capace di soddisfare le loro esigenze.
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